eugenio   montale

  

 

 

v e r b o t e n

dicono che nella grammatica di kafka

manca il futuro. questa la scoperta

di chi serbò l'incognito e con buone ragioni.

certo costui teme le conseguenze

flagranti o addirittura conflagranti

del suo colpo di genio. e kafka stesso

la sinistra cornacchia, andrebbe al rogo

nell'effigie e nelle opere  d'altronde

largamente invendute

dal diario   71  e   72    -      22.2.1972

 

nessuno fu più isolato di Kafka e pochi raggiunsero come lui le strade della comunicazione
parigi - dibattito sulla comunicazione - 1952

 

le guerre religiose

furono inventate ad arte

per confondere le carte

casa di olgiate e altre poesie

.

 

 

Sono venuto al mondo in una stagione calma
Molte porte si aprivano che ora si sono chiuse .
L’Alma Mater dormiva .   Chi ha deciso
di risvegliarla ?
Eppure
non furono così orrendi gli uragani del poi
Se ancora si poteva andare, tenersi per mano
riconoscersi .
E se non era facile muoversi tra gli eroi
della guerra, del vizio, della jattura
essi avevano un viso, ora non c’è neppure
il modo di evitare le trappole. Sono troppe .
Le infinite chiusure e aperture
possono avere un senso per chi è dalla parte
che sola conta, del burattinaio .
Ma quello non domanda la collaborazione
di chi ignora i suoi fini e la sua arte .
.

 

 

suonatina di pianoforte


Vieni qui, facciamo una poesia
che non sappia di nulla
e dica tutto lo stesso


e sia come un rigagnolo di suoni
stentati
che si perde tra le sabbie
e vi muore con un gorgoglio sommesso
facciamo una suonatina di pianoforte
alla Maurizio Ravel
una musichetta incoerente
ma senza complicazioni
che tanto credi proprio
a grattare nel fondo non c’è senso
facciamo qualcosa di 'genere leggero' .
Vieni qui, non c’è nemmeno bisogno
di disturbar la natura
co’i suoi seriosi paesaggi
e le pirotecniche astrali
ne’ tireremo in ballo 
 i grandi problemi eterni
l'immortalità dello Spirito
od altrettanti garbugli
diremo poche frasi comunali
senza grandi pretese,
da gente ormai classificata
gente priva di 'profondita'
e se le parole ci mancheranno
noi strapperemo il filo del discorso
per svagarci
in un minuetto approssimativo
che si disciolga in arabeschi d’oro
si rompa in una gran pioggia di lucciole
e dispaia lasciandoci negli occhi
un pullulare di stelle, un ossessione di luci.
Poi quando la suonatina languirà davvero
la finiremo come vuole la moda
senza perorazioni urlanti ed enfasi
la finiremo, se ci parrà il caso
nel momento in cui pare ricominciare
e il pubblico rimane con un palmo di naso.
La spegneremo come un lume, di colpo .

Con un soffio .

poesie disperse

 

 

maschere

Chissà se un giorno butteremo le maschere
che portiamo sul volto senza saperlo.
Per questo è tanto difficile identificare
gli uomini che incontriamo.
Forse fra i tanti, fra i milioni c’è
quello in cui viso e maschera coincidono
e lui solo potrebbe dirci la parola
che attendiamo da sempre. Ma è probabile
che egli stesso non sappia il suo privilegio.
Chi l’ha saputo, se uno ne fu mai
pagò il suo dono con balbuzie o peggio.
Non valeva la pena di trovarlo. Il suo nome
fu sempre impronunciabile per cause
non solo di fonetica. La scienza
ha ben altro da fare o da non fare.

quaderno di quattro anni 1977

 

 

incespicare

incepparsi

per destare la lingua

dal suo torpore.

ma la balbuzie non basta

e se anche fa meno rumore

è guasta lei pure. così

bisogna rassegnarsi

a un mezzo parlare. una volta

qualcuno parlò per intero

e fu incomprensibile. certo

credeva di essere l'ultimo

parlante. invece è accaduto

che tutti ancora parlano

e il mondo

da allora è muto.

satura 1968

 

 

annaspando
Si arraffa un qualche niente
e si ripete
che il tangibile è quanto basta.
Basterebbe un tangente
se non fosse
ch’è lì, a due passi, guasto.
satura

La prima opera in musica da me ascoltata fu la Sonnambula
in un teatro in cui tra un atto e l’altro si bevevano gazose con il pallino.     Non saprei in quale anno, certo nel primo lustro del nostro secolo.     Di quell’esecuzione ricordo tutto, anche i nomi dei principali artisti: fra i quali un Elvino pingue e baffuto, di cui non dico il nome perché potrebbe essere ancora vivo. Affondato in cuscino preso a nolo passai due ore d’estasi, interrotte però dalla decisione di mio padre: il quale sentenziò, alla fine del secondo atto, che si faceva tardi e occorreva rincasare d’urgenza per la cena.     Lo spettacolo si dava in matinée, l’orologio segnava le 5.30 e a quel tempo si cenava verso le sei .     Non osai protestare, e perdetti così l’immagine di Amina sospesa sul trapezio.     Fu per me un dolore cocente .
variazioni - auto da fè

Quando si parla dell’impegno o dell’engagement dell’artista, oggi non si intende affatto alludere al dovere che ogni artista ha di lottare senza risparmio di forze contro gli ostacoli che in lui si frappongono tra l’ispirazione e la formazione dell’opera .  Si intende invece alludere all’indicazione nettamente «progressiva» che un’opera d’arte attuale dovrebbe almeno suggerire .   Ora, noi siamo tutti disposti ad ammettere che ogni grande artista indica qualche cosa che trascende la sua stessa opera .   Dove invece sorge il dubbio è sulla necessaria direzione di simile freccia indicatrice .   Deve, per esempio, il poeta creatore ispirare sentimenti di pace, di fraternità e di giustizia sociale  ?
presi nel giro - auto da fé

Gli orecchini
Non serba ombra di voli il nerofumo
della spera. (E del tuo non è più traccia)
È passata la spugna che i barlumi
indifesi dal cerchio d'oro scaccia.
Le tue pietre, i coralli, il forte imperio
che ti rapisce vi cercavo; fuggo
l'iddia che non s'incarna, i desideri
porto fin che al tuo lampo non si struggono.
Ronzano èlitre fuori, ronza il folle
mortorio e sa che due vite non contano.
Nella cornice tornano le molli
meduse della sera. La tua impronta
verrà di giù: dove ai tuoi lobi squallide
mani, travolte, fermano i coralli.

la bufera e altro -  1956

 

 

 

Amo l'atletica perché è poesia

Se la notte sogno

sogno di essere un maratoneta

 

 

 

Abbiamo fatto del nostro meglio

per peggiorare il mondo
quaderno di quattro anni 1977 - anepigrafe v. 11

 

 

EX VOTO

ACCADE

CHE LE AFFINITÀ D'ANIMA
NON GIUNGANO AI GESTI E ALLE PAROLE MA
RIMANGANO EFFUSE COME UN MAGNETISMO.
É RARO MA ACCADE.

PUÒ DARSI
CHE SIA VERA SOLTANTO LA LONTANANZA
VERO L'OBLIO, VERA LA FOGLIA SECCA
PIÙ DEL FRESCO GERMOGLIO.
TANTO E ALTRO PUÒ DARSI O DIRSI.
COMPRENDO

LA TUA CAPARBIA VOLONTÀ DI
ESSERE SEMPRE ASSENTE PERCHÉ
SOLO COSÌ SI MANIFESTA LA TUA MAGIA.
INNUMERI LE ASTUZIE CHE INTENDO.
INSISTO

NEL RICERCARTI NEL FUSCELLO
E MAI NELL'ALBERO SPIEGATO, MAI NEL PIENO
SEMPRE NEL VUOTO: IN QUELLO CHE
ANCHE AL TRAPANO RESISTE.
ERA O NON ERA

LA VOLONTÀ DEI NUMI
CHE PRESIDIANO IL TUO LONTANO FOCOLARE
STRANI MULTIFORMI MULTANIMI ANIMALI DOMESTICI
FORS'ERA COSÌ COME MI PAREVA
O NON ERA.

IGNORO

SE LA MIA INESISTENZA APPAGA IL TUO DESTINO
SE LA TUA COLMA IL MIO CHE NE TRABOCCA
SE L'INNOCENZA É UNA COLPA OPPURE
SI COGLIE SULLA SOGLIA DEI TUOI LARI.
DI ME, DI TE TUTTO CONOSCO
TUTTO IGNORO.

 

 

 

 

 

e senti allora

se pure ti ripetono che puoi

fermarti a mezza via o in alto mare

che non c’è sosta per noi

ma strada, ancora strada

e che il cammino è sempre da ricominciare
altri versi - poesie disperse

 

 

 

eppure resta che qualcosa è accaduto

forse un niente

che è tutto
quel che resta del giorno  - xenia

 

 

 

L’uomo è come il vino

non tutti invecchiando migliorano

alcuni inacidiscono

 

 

 

 

Valmorbia
Valmorbia, discorrevano il tuo fondo
fioriti nuvoli di piante agli asòli
Nasceva in noi, volti dal cieco caso
oblio del mondo.
Tacevano gli spari, nel grembo solitario
non dava suono che il Leno roco.
Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco
lacrimava nell'aria
Le notti chiare erano tutte un'alba
e portavano volpi alla mia grotta.
Valmorbia, un nome, e ora scialba
memoria, terra dove non annotta.

ossi di seppia

 

 

 

 

Le rime
Le rime sono più noiose delle
dame di San Vincenzo:  battono alla porta
e insistono. Respingerle è impossibile
e purché stiano fuori si sopportano.
Il poeta decente le allontana
- le rime -  le nasconde,  bara, tenta
il contrabbando. Ma le pinzochere ardono
di zelo e prima o poi - rime e vecchiarde -
bussano ancora e sono sempre quelle.
satura 1962-1970

 

 

 

La primavera

sbuca col suo passo di talpa
Non ti sentirò più parlare di antibiotici
velenosi, del chiodo del tuo femore
dei beni di fortuna che t’ha un occhiuto omissis
spennacchiati.
La primavera avanza con le sue nebbie grasse
con le sue luci lunghe, le sue ore insopportabili.
Non ti sentirò più lottare col rigurgito
del tempo, dei fantasmi, dei problemi logistici
dell’Estate.
xenia

 

 

 

 

 

molti affetti sono abitudini o doveri

che non troviamo il coraggio

di interrompere

 

.

 

Non si nasconde fuori
dal mondo chi lo salva e non lo sa
E' uno come noi, non dei migliori

.

 

 

Piuttosto che fermarsi a mezza via
val meglio non cominciare

.

 

L’avvenire è già passato

da un pezzo
Può darsi però che ammetta qualche replica
dato l’aumento delle prenotazioni.
Con un palmo di naso resteranno
gli abbonati alle prime; e col sospetto 
che tutto involgarisce a tutto spiano.
altri versi  - tutte le poesie - 1990

 

 

So l’ora in cui
So l’ora in cui la faccia più impassibile
è traversata da una cruda smorfia:
s’è svelata per poco una pena invisibile.
Ciò non vede la gente nell’affollato corso.
Voi, mie parole, tradite invano il morso
secreto, il vento che nel cuore soffia.
La più vera ragione è di chi tace.
Il canto che singhiozza è un canto di pace.

ossi di seppia - 1925

 

 

 

Cielo e terra
Che il cielo scenda in terra

da qualche secolo sempre più veloce
non lo potevi credere. Ora che mi è impossibile
dirtelo a voce ti svelo che non è sceso mai
perchè il cielo non è un boomerang
gettato per vederselo ritornare.
Se l’abbiamo creato non si fa rivedere
privo del connotato dell’esistenza.
Ma se così non è può fare senza
di noi, sue scorie, e della nostra storia.

da tutte le poesie - 1990

 

 

 

La vita deve essere vissuta

non pensata

perché la vita pensata nega se stessa

e si mostra come un guscio vuoto

Bisogna mettere qualche cosa

dentro questo guscio

non importa che cosa

 

 

 

Non sai quante volte

mi definisco un 'difetto'

non lo sai quante volte

vorrei sentirmi dire che sbaglio

Essere sfiorato di proposito e sentire caldo

Non lo sai vero?

Che ogni piccola cosa per me è importante

 

 

 

Spesso

ti ricordavi - io poco - del signor Cap.
L'ho visto nel torpedone, a Ischia, appena due volte.
E' un avvocato di Klangenfurt

quello che manda gli auguri.
Doveva venirci a trovare.
E infine è venuto gli dico tutto, resta imbambolato
pare che sia una catastrofe anche per lui.

Tace a lungo
farfuglia, s'alza rigido e s'inchina . Conferma
che manderà gli auguri.
E' strano che a comprenderti
siano riuscite solo persone inverosimili
Il dottor Cap ! Basta il nome . 

E Celia?  Che n'è accaduto?
xenia II - raccolta satura - 22 ott. 67

 

 

 

 

Gli uomini sono un po’ come i libri
ne leggete distrattamente uno, e non prevedete che finirà per lasciare in voi una traccia incancellabile; ne digerite con ogni zelo un altro, che abbia tutta l'aria di esser degno dell'impresa; e scorsi pochi mesi vi accorgete che la fatica è stata peggio che inutile.
Ma sul primo momento, al primo incontro, il risultato finale, la perdita o il profitto, sono sospesi a un punto interrogativo.

la piuma di struzzo - farfalla di dinard p.64

 

 

Piove dirottamente

Al di là del cortile interno, al di là di un tormentoso zig-zag di tetti, si leva l’intrico di un albero altissimo, spoglio. A raffiche, la pioggia lo vela e lo svela, ne fa un’acquaforte duramente incisa o un pastello sbiadito.    Ora un punto nero sceso dal cielo si posa sul ramo più alto, un rametto storto e sottile che subito si curva sotto il peso.   è un uccello grosso, non un uccellino, a giudicare dalla flessione del ramo e della macchia scura che il volatile stampa contro il cielo grigio.
farfalla di dinard

 

 

l'uomo coltiva la propria infelicità

per avere il gusto di combatterla a piccole dosi.

Essere sempre infelici   ma non troppo

è condizione sine qua non

di piccole e intermittenti felicità.

il volo dello sparviero in farfalla di dinard - 1956

 

 

 
Può darsi che sia ora di tirare
i remi in barca per il noioso evento.
Ma perché fu sprecato tanto tempo
quando era prevedibile il risultato
?

 

 

 

Non sono mai stato certo

di essere al mondo
Bella scoperta, m'hai risposto, e io ?
Oh il mondo tu l'hai mordicchiato

se anche in dosi omeopatiche .

Ma io ...
tutte le poesie 1984-1987

 

 

 

No, non hai torto Malvolio

la scienza del cuore non è ancora nata

ciascuno la inventa come vuole
lettera a malvolio

 

 

 

 

Nel parco
Nell'ombra della magnolia
che sempre più si restringe
a un soffio di cerbottana
la freccia mi sfiora e si perde.
Pareva una foglia caduta
dal pioppo che a un colpo di vento
si stinge - e fors'era una mano
scorrente da lungi tra il verde.
Un riso che non m'appartiene
trapassa da fronde canute
fino al mio petto, lo scuote
un trillo che punge le vene
e rido con te sulla ruota
deforme dell'ombra, mi allungo
disfatto di me sulle ossute
radici che sporgono e pungo
con fili di paglia il tuo viso ...

la bufera e altro - silvae

.

L'uomo dell'avvenire dovrà nascere fornito di un cervello e di un sistema nervoso del tutto diversi
da quelli di cui disponiamo noi, esseri ancora tradizionali, copernicani, classici 

 


Il rapporto tra l'alfabetismo e l'analfabetismo è costante

ma al giorno d'oggi gli analfabeti sanno leggere 

Non si può passeggiare a Milano
è difficile; ma certo, andare a piedi così è una cosa deliziosa.    Il podismo ... mi piace soltanto la maratona. Qualche volta ho sognato di vincere una maratona così, partendo e mantenendomi in ultima posizione fino agli ultimi chilometri; dopo, sospinto da una forza soprannaturale, scattare come una freccia e giungere primo al traguardo, ma questo vorrei che mi succedesse ora, alla mia età, insomma così, in modo da sbalordire tutti ed occupare le pagine dei giornali: sarebbe un trionfo molto superiore a quello che nessun altro poeta potrebbe augurarsi !
https://youtu.be/6hGUro2cD28

Che cos’è la poesia lirica ?  
Per mio conto non saprei definire quest’araba fenice, questo mostro, quest’oggetto determinatissimo, concreto, eppure impalpabile perché fatto di parole, questa strana convivenza della musica e della metafisica, del ragionamento e dello sragionamento, del sogno e della veglia .

sulla poesia - 1976

Sarei contento se istituissero l'undicesimo comandamento: non seccare il prossimo.
Le riunioni mondane le detesto, come le signorine che scrivono versi e pretendono giudizi

i falsi intellettuali e gli esibizionisti.
Preferisco stare con gli analfabeti
.
Da loro c'è sempre da imparare.
Possiedono alcuni concetti fondamentali, quelli che contano.
Purtroppo, pare ne siano rimasti pochi.

intervista di enzo biagi - l'italia del 900 - 2007

.

Gli chiedo come passa le giornate :    Prendo dei sonniferi e leggo. Qualche volta esco. Ogni tanto vado a Roma. No, non più libri gialli; gli servivano per imparare l'inglese, voleva sapere chi era l'assassino e le parole si fissavano nella memoria.    Alterna sigarette leggere con piccoli confetti di liquirizia. Ogni tanto chiude gli occhi, come per raccogliersi, o forse la luce della lampada lo affatica .
enzo biagi - la stampa - 24 febbraio 1973
.ilgiornale.it/non-seccare-prossimo

.

preferirebbe essere amato, ammirato, indifferente o addirittura antipatico ?
amato.  ma molto da lontano
quarantuno domande a EM -  enrico ronda - tempo - 17 novembre 1955


Ammazzare il tempo
Il problema più grave del nostro tempo non è tra quelli che si vedono denunziati a caratteri di scatola nelle prime pagine dei giornali; e non ha nulla in comune, per esempio, col futuro status di Berlino o con l’eventualità di una guerra atomica distruggitrice di una metà del mondo. Problemi simili sono d’ordine storico e prima o poi giungono a una soluzione,
sia pure con risultati spaventosi. Nessuna guerra impedirà all’umanità futura di vantare ulteriori magnifiche sorti nel quadro di una sempre più perfetta ed ecumenica civiltà industriale. Un mondo semidistrutto, che risorgesse domani dalle ceneri, in pochi decenni assumerebbe un volto non troppo diverso dal nostro mondo d’oggi. Anzi, oggi è lo spirito di conservazione che rallenta il progresso. Qualora non ci fosse più nulla da conservare il progresso tecnico si farebbe molto più veloce. Anche l’uccisione su larga scala di uomini e di cose può rappresentare, a lunga scadenza, un buon investimento del capitale umano. Fin qui si resta nella storia. Ma c’è un’uccisione, quella del tempo, che non sembra possa dare frutto. Ammazzare il tempo è il problema sempre più preoccupante che si presenta all’uomo d’oggi e di domani.

Non penso all’automazione, che ridurrà sempre più le ore dedicate al lavoro. Può darsi che quando la settimana lavorativa sarà scesa da cinque a quattro o a tre si finisca per dare il bando alle macchine attualmente impiegate per sostituire l’uomo. Può darsi che allora si inventino nuovi tipi di lavoro inutile per non lasciare sul lastrico milioni o miliardi di disoccupati; ma si tratterà pur sempre di un lavoro che lascerà un ampio margine di ore libere, di ore in cui non si potrà eludere lo spettro del tempo.
Perché si lavora? Certo per produrre cose e servizi utili alla società umana, ma anche, e soprattutto, per accrescere i bisogni dell’uomo, cioè per ridurre al minimo le ore in cui è più facile che si presenti a noi questo odiato fantasma del tempo. Accrescendo i bisogni inutili, si tiene l’uomo occupato anche quando egli suppone di essere libero. “Passare il tempo” dinanzi al video o assistendo a una partita di calcio non è veramente un ozio, è uno svago, ossia un modo di divagare dal pericoloso mostro, di allontanarsene. Ammazzare il tempo non si può senza riempirlo di occupazioni che colmino quel vuoto. E poiché pochi sono gli uomini capaci di guardare con fermo ciglio in quel vuoto, ecco la necessità sociale di fare qualcosa, anche se questo qualcosa serve appena ad anestetizzare la vaga apprensione che quel vuoto si ripresenti in noi.
ammazzare il tempo - auto da fé - cronache in due tempi 1966

 

 

ANNIVERSARIO

Dal tempo della tua nascita
sono in ginocchio, mia volpe
E' da quel giorno che sento
vinto il male, espiate le mie colpe
Arse a lungo una vampa;  sul tuo tetto
sul mio,  vidi l'orrore traboccare
Giovane stelo tu crescevi;  e io al rezzo
delle tregue spiavo il tuo piumare .

Resto in ginocchio :  il dono che sognavo
non per me ma per tutti
appartiene a me solo, Dio diviso
dagli uomini, dal sangue raggrumato
sui rami alti, sui frutti .
la bufera e altro

LA SOLITUDINE
Se mi allontano due giorni
i piccioni che beccano sul davanzale
entrano in agitazione
secondo i loro obblighi corporativi .
Al mio ritorno l’ordine si rifà
con supplemento di briciole
e disappunto del merlo
che fa la spola
tra il venerato dirimpettaio e me .
A così poco è ridotta la mia famiglia .
E c’è chi ne ha una o due
che spreco,   ahimè  !

Le innaturali concentrazioni metropolitane non colmano alcun vuoto, anzi lo accentuano.   L’uomo che vive in gabbie di cemento, in affollatissime arnie, in asfittiche caserme è un uomo condannato alla solitudine 


Non muoverti
se ti muovi lo infrangi.
È come una gran bolla di cristallo
sottile
stasera il mondo:
è sempre più gonfia e si leva.
O chi credeva
di noi spiarne il ritmo e il respiro?
Meglio non muoversi.
È un azzurro subacqueo
che ci ravvolge
e in esso
pullulan forme immagini arabeschi.
Qui non c'è luna per noi:
più oltre deve sostare:
ne schiumano i confini del visibile.
Fiori d'ombra
non visti, immaginati,
frutteti imprigionati
fra due mura,
profumi tra le dita dei verzieri!
Oscura notte, crei fantasmi o adagi
tra le tue braccia un mondo?
Non muoverti.
Come un'immensa bolla
tutto si gonfia, si leva.
E tutta questa finta realtà
scoppierà
forse.
Noi forse resteremo.
Noi forse.
Non muoverti.
Se ti muovi lo infrangi.
PIANGI  ?
elegia  - altri versi e poesie disperse

 

 



Cave d’autunno
su cui discende la primavera lunare
e nimba di candore ogni frastaglio
schianti di pigne, abbaglio
di reti stese e schegge
ritornerà ritornerà nel gelo
la bontà d’una mano
varcherà il cielo lontano
la ciurma luminosa che ci saccheggia .

le occasioni

 

 

 

non nasconderti nell'ombra
Non rifugiarti nell'ombra
di quel folto di verzura
come il falchetto che strapiomba
fulmineo nella caldura.
E' ora di lasciare il canneto
stento che pare s'addorma
e di guardare le forme
della vita che si sgretola.
Ci muoviamo in un pulviscolo
madreperlaceo che vibra
in un barbaglio che invischia
gli occhi e un poco ci sfibra.
Pure, lo senti, nel gioco d'aride onde
che impigra in quest'ora di disagio
non buttiamo già in un gorgo senza fondo
le nostre vite randage.
Come quella chiostra di rupi
che sembra sfilaccicarsi
in ragnatele di nubi
tali i nostri animi arsi
in cui l'illusione brucia
un fuoco pieno di cenere
si perdono nel sereno
di una certezza: la luce.
ossi di seppia

 

 

 


Non so perché il mio ricordo ti lega
al lago di Annecy
che visitai qualche anno prima della tua morte.
Ma allora non ti ricordai, ero giovane
e mi credevo padrone della mia sorte.
Perché può scattar fuori una memoria
così insabbiata non lo so; tu stessa
m’hai certo seppellito e non l’hai saputo.
Ora risorgi viva e non ci sei. Potevo
chiedere allora del tuo pensionato,
vedere uscirne le fanciulle in fila,
trovare un tuo pensiero di quando eri
viva e non l’ho pensato. Ora ch’è inutile
mi basta la fotografia del lago.
diario del '71 e '72

 

 

 

 

Ogni giorno di più

mi scopro difettivo
manca il totale .
Gli addendi sono a posto, ineccepibili
ma la somma ?

Rebecca abbeverava i suoi cammelli
e anche se stessa .
Io attendo alla penna e alla gamella
per me e per altri .
Rebecca era assetata, io famelico
ma non saremo assolti .
Non c’era molt’acqua nell’uadi
forse qualche pozzanghera

e nella mia cucina poca legna da ardere.
Eppure abbiamo tentato per noi, per tutti, nel fumo
nel fango con qualche vivente bipede o anche quadrupede .
O mansueta Rebecca che non ho mai incontrata !
Appena una manciata di secoli ci dividono
un batter d’occhio per chi comprende la tua lezione .
Solo il divino è totale nel sorso e nella briciola
Solo la morte lo vince se chiede l’intera porzione .
rebecca - satura II

Per me
l’ago della bilancia
sei sempre tu.
m’hanno chiesto chi sei. Se lo sapessi
lo direi a gran voce. E sarei chiuso
tra quelle sbarre donde non s’esce più  .

 

 

 

A questo punto smetti
dice l’ombra.
T’ho accompagnato
in guerra e in pace
e anche nell’intermedio
sono stata per te l’esaltazione e il tedio
t’ho insufflato virtù che non possiedi
vizi che non avevi. Se ora mi stacco
da te non avrai pena, sarai lieve
più delle foglie, mobile come il vento.
Devo alzare la maschera
io sono il tuo pensiero
sono il tuo in-necessario
l’inutile tua scorza.

A questo punto smetti
stràppati dal mio fiato
e cammina nel cielo come un razzo.
C’è ancora un lume all’orizzonte
e chi lo vede non è un pazzo, è solo
un uomo e tu intendevi non esserlo
per amore di un’ombra. T’ho ingannato

ma ora ti dico
a questo punto smetti.
Il tuo peggio e il tuo meglio
non t’appartengono
e per quello che avrai puoi fare a meno
di un’ombra. A questo punto
guarda con i tuoi occhi e anche senz’occhi.

diario 71 e 72

 

 

 

 

La belle dame sans merci
Certo i gabbiani cantonali hanno atteso invano
le briciole di pane che io gettavo
sul tuo balcone perchè tu sentissi
anche chiusa nel sonno le loro strida.
Oggi manchiamo all'appuntamento tutti e due
e il nostro breakfast gela fra cataste
per me di libri inutili e per te di reliquie
che non so: calendari, astucci , fiale e creme.
Stupefacente il tuo volto s'ostina ancora, stagliato
sui fondali di calce del mattino;
ma una vita senz'ali non lo raggiunge e il suo fuoco
soffocato è il bagliore dell'accendino.
satura 1971




MEDITERRANEO
Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale
siccome i ciottoli che tu volvi
mangiati dalla salsedine
scheggia fuori dal tempo, testimone
di una volontà fredda che non passa.
Altro fui: uomo intento che riguarda
in sé, in altrui, il bollore
della vita fugace uomo che tarda
all'atto, che nessuno, poi, distrugge.
Volli cercare il male
che tarla il mondo, la piccola stortura
d'una leva che arresta
l'ordegno universale; e tutti vidi
gli eventi del minuto
come pronti a disgiungersi in un crollo.
Seguìto il solco di un sentiero m'ebbi
l'opposto in cuore, col suo invito; e forse
m'occorreva il coltello che recide,
la mente che decide e si determina.
Altri libri occorrevano
a me, non la tua pagina rombante.
Ma nulla so rimpiangere: tu sciogli
ancora i groppi interni col tuo canto.
Il tuo delirio sale agli astri ormai.

ossi di seppia 1925

 




LUNGOMARE
Il soffio cresce, il buono è rotto a squarci
e l'ombra che tu mandi sulla fragile
palizzata s'arriccia. Troppo tardi
se vuoi esser te stessa !   Dalla palma
tonfa il sorcio, il baleno è sulla miccia
sui lunghissimi cigli del tuo sguardo.


 

Fu il nostro incontro
come un ritrovarci
dopo lunghi anni di straniato errare
e in un attimo il guindolo del tempo
per noi dipanò un filo interminabile.
Senza sorpresa camminammo accanto
con dimesse parole e volti senza maschera.

poesie disperse - lettera levantina

 

 

 


Mia vita
a te non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi.
Nel tuo giro inquieto ormai lo stesso
sapore han miele e assenzio.
Il cuore che ogni moto tiene a vile
raro è squassato da trasalimenti.
Così suona talvolta nel silenzio
della campagna un colpo di fucile.
ossi di seppia
https://youtu.be/p-QioF7ky4g
  - legge EM

NEL DISUMANO
Non è piacevole
saperti sottoterra anche se il luogo
può somigliare a un’Isola dei Morti
con un sospetto di Rinascimento .
Non è piacevole a pensarsi ma
il peggio è nel vedere .  Qualche cipresso
tombe di second’ordine con fiori finti
fuori un po’ di parcheggio per improbabili
automezzi. Ma so che questi morti
abitavano qui a due passi, tu
sei stata un’eccezione. Mi fa orrore
che quello che c’è lì dentro, quattro ossa
e un paio di gingilli, fu creduto il tutto
di te e magari lo era, atroce a dirsi .
Forse partendo in fretta hai creduto
che chi si muove prima trova il posto migliore .
Ma quale posto e dove ? Si continua
a pensare con teste umane quando si entra
nel disumano.

quaderno di quattro anni

 



delta
La vita che si rompe nei travasi
secreti a te ho legata :
quella che si dibatte in sé e par quasi
non ti sappia, presenza soffocata .
Quando il tempo s'ingorga alle sue dighe
la tua vicenda accordi alla sua immensa
ed affiori, memoria, più palese
dall'oscura regione ove scendevi
come ora, al dopopioggia, si riaddensa
il verde ai rami, ai muri il cinabrese .
Tutto ignoro di te fuor del messaggio
muto che mi sostenta sulla via :
se forma esisti o ubbia nella fumea
d'un sogno t'alimenta
la riviera che infebbra, torba, e scroscia
incontro alla marea.
Nulla di te nel vacillar dell'ore
bige o squarciate da un vampo di solfo
fuori che il fischio del rimorchiatore
che dalle brume approda al golfo .
ossi di seppia 1925

 

 

 

 

 

Nel fumo
Quante volte t'ho atteso alla stazione
nel freddo,  nella nebbia.  Passeggiavo
rosicchiando, comprando giornali innominabili
fumando Giuba poi soppresse dal ministro
dei tabacchi, il balordo  !
Forse un treno sbagliato, un doppione oppure una
sottrazione. Scrutavo le carriole
dei facchini,  se mai ci fosse dentro
il tuo bagaglio, e tu dietro,  in ritardo.
Poi apparivi, ultima.   È un ricordo
tra tanti altri.   Nel sogno mi perseguita.

satura 1971

 

Ciò che di me sapeste
non fu che la scialbatura
la tonaca che riveste
la nostra umana ventura.
Ed era forse oltre il telo
l'azzurro tranquillo
vietava il limpido cielo
solo un sigillo.
0 vero c'era il falòtico
mutarsi della mia vita
lo schiudersi d'un'ignita
zolla che mai vedrò.
Restò così questa scorza
la vera mia sostanza
il fuoco che non si smorza
per me si chiamò: l'ignoranza.
Se un'ombra scorgete, non è
un'ombra - ma quella io sono.
Potessi spiccarla da me
offrirvela in dono.
ossi di seppia
https://youtu.be/ZnExvHf76n4  - legge anna proclemer

 

 

 

 

 

O grande angelo nero
fuligginoso riparami
sotto le tue ali
che io possa sorradere
i pettini dei pruni, le luminarie dei forni
e inginocchiarmi
sui tizzi spenti se mai
vi resti qualche frangia
delle tue penne
o piccolo angelo buio
non celestiale né umano
angelo che traspari
trascolorante difforme
e multiforme, eguale
e ineguale nel rapido lampeggio
della tua incomprensibile fabulazione
o angelo nero disvelati
ma non uccidermi col tuo fulgore
non dissipare la nebbia che ti aureola
stàmpati nel mio pensiero
perché non c’è occhio che resista ai fari
angelo di carbone che ti ripari
dentro lo scialle della caldarrostaia
grande angelo d’ebano
angelo fosco
o bianco, stanco di errare
se ti prendessi un’ala e la sentissi
scricchiolare
non potrei riconoscerti come faccio
nel sonno, nella veglia, nel mattino
perché tra il vero e il falso non una cruna
può trattenere il bipede o il cammello
e il bruciaticcio, il grumo
che resta sui polpastrelli
è meno dello spolvero
dell’ultima tua piuma, grande angelo
di cenere e di fumo,  miniangelo
spazzacamino.
satura 1971

 

 

Il primo gennaio - capodanno
So che si può vivere
non esistendo
emersi da una quinta o da un fondale
da un fuori che non c’é se mai nessuno
l’ha veduto.
So che si può esistere
non vivendo
con radici strappate da ogni vento
se anche non muove foglia e non un soffio increspa
l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone.
So che non c’è magia
di filtro o d’infusione
che possano spiegare come di te s’azzuffino
dita e capelli, come il tuo riso esploda
nel suo ringraziamento
al minuscolo dio a cui t’affidi
d’ora in ora diverso, e ne diffidi.
So che mai ti sei posta
il come – il dove – il perché
pigramente indisposta
al disponibile
distratta rassegnata al non importa,
al non so quando o quanto, assorta in un oscuro
germinale di larve e arborescenze.
So che quello che afferri
oggetto o mano, penna o portacenere
brucia e non se ne accorge,
né te n’avvedi tu animale innocente
inconsapevole
di essere un perno e uno sfacelo, un’ombra
e una sostanza, un raggio che si oscura.
So che si può vivere
nel fuochetto di paglia dell’emulazione
senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato
da Chi volle tu fossi… e se ne pentì.
Ora
uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti
lo scheletro dell’albero di Natale,
ti accompagna in sordina il mangianastri
torni dentro, allo specchio ti dispiaci,
ti getti a terra, con lo straccio scrosti
dal pavimento le orme degli intrusi.
Erano tanti e il più impresentabile
di tutti perché gli altri almeno parlano
io, a bocca chiusa.
satura 1971

 

 

 

 

Prontuario per il brindisi

di capodanno
Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale
cucina, albergo, radio, fonderia
in mare, su un aereo, in autostrada
a chi scavalca questa notte senza un saluto
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango
a chi si è alzato per cedere il posto
a chi non si può alzare, a chi arrossisce
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione
a chi è nessuno per la persona amata
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo
a chi restituisce da quello che ha avuto
a chi non capisce le barzellette
all’ultimo insulto che sia l’ultimo
ai pareggi, alle ics della schedina
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga
a chi vuol farlo e poi non ce la fa
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.

satura 1971

Ho sparso di becchime il davanzale
per il concerto di domani all’alba .
Ho spento il lume e ho atteso il sonno .
E sulla passerella già comincia
la sfilata dei morti grandi e piccoli
che ho conosciuto in vita .   Arduo distinguere
tra chi vorrei o non vorrei che fosse
ritornato tra noi .   Là dove stanno
sembrano inalterabili per un di più
di sublimata corruzione. Abbiamo
fatto del nostro meglio per peggiorare il mondo  .

quaderno di quattro anni

 

 

Il balcone
Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.
Ora a quel vuoto ho congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.
La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Falsetto
Esterina, i vent’anni ti minacciano
grigiorosea nube
che a poco a poco in sé ti chiude.
Ciò intendi e non paventi.
Sommersa ti vedremo
nella fumea che il vento
lacera o addensa, violento.
Poi dal fiotto di cenere uscirai
adusta più che mai
proteso a un’avventura più lontana
l’intento viso che assembra
l’arciera Diana.
Salgono i venti autunni,
t’avviluppano andate primavere
ecco per te rintocca
un presagio nell’elisie sfere.
Un suono non ti renda
qual d’incrinata brocca
percossa!; io prego sia
per te concerto ineffabile
di sonagliere.
La dubbia dimane non t’impaura.
Leggiadra ti distendi
sullo scoglio lucente di sale
e al sole bruci le membra.
Ricordi la lucertola
ferma sul masso brullo
te insidia giovinezza
quella il lacciòlo d’erba del fanciullo.
L’acqua’ è la forza che ti tempra,
nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi :
noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo
come un’equorea creatura
che la salsedine non intacca
ma torna al lito più pura.
Hai ben ragione tu !
Non turbare
di ubbie il sorridente presente.
La tua gaiezza impegna già il futuro
ed un crollar di spalle
dirocca i fortilizî
del tuo domani oscuro.
T’alzi e t’avanzi sul ponticello
esiguo, sopra il gorgo che stride :
il tuo profilo s’incide
contro uno sfondo di perla.
Esiti a sommo del tremulo asse
poi ridi, e come spiccata da un vento
t’abbatti fra le braccia
del tuo divino amico che t’afferra.
Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra.
ossi di seppia 2001

caffè a rapallo
atale nel tepidario
lustrante, truccato dai fumi
che svolgono tazze, velato
tremore di lumi oltre i chiusi
cristalli, profili di femmine
nel grigio, tra lampi di gemme
e screzi di sete ...
son giunte
a queste native tue spiagge
le nuove Sirene!; e qui manchi
Camillo, amico, tu storico
di cupidige e di brividi.
s'ode grande frastuono nella via.
è passata di fuori
l'indicibile musica
delle trombe di lama
e dei piattini arguti dei fanciulli :
è passata la musica innocente.

ossi di seppia - 1925

 

 

caffe a rapallo
testo su targa celebrativa in Vico dei Barcaioli - rapallo - 3.11.2018
. Montale ha reso omaggio a Rapallo sublimandola con i versi di una poesia che fa parte di quella splendida raccolta che è Ossi di Seppia – sottolinea il sindaco Carlo Bagnasco – Non possiamo quindi che sposare l’iniziativa del Rotary Club Rapallo Tigullio e rendere a nostra volta un doveroso riconoscimento al grande poeta insignito del premio Nobel per la Letteratura.
levantenews.it - 2018

vocetigullio.com - cerimonia di scopertura ufficiale 15.2.2020

 

' quercia montale ' addio
'Quercus rubra' quercia rossa del Nord America - Giardini Montanelli Milano  -  Aveva 200 anni  -  molto amata da em  .
funghi e parassiti avevano reso cavo il  tronco .
milano.repubblica.it - 25.10.2019

Milano

un enorme conglomerato di eremiti

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio

.

 

 

 

Ma ora per concludere debbo una risposta alla domanda che ha dato un titolo a questo breve discorso .   Nella attuale civiltà consumistica che vede affacciarsi alla storia nuove nazioni e nuovi linguaggi, nella civiltà dell’uomo robot, quale può essere la sorte della poesia ?  Le risposte potrebbero essere molte .   

La poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti :  basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto .  

Solo in un secondo momento sorgono i problemi della stampa e della diffusione .   L’incendio della Biblioteca di Alessandria ha distrutto tre quarti della letteratura greca .   Oggi nemmeno un incendio universale potrebbe far sparire la torrenziale produzione poetica dei nostri giorni .   Ma si tratta appunto di produzione, cioè di manufatti soggetti alle leggi del gusto e della moda .   Che l’orto delle Muse possa essere devastato da grandi tempeste è, più che probabile, certo .   Ma mi pare altrettanto certo che molta carta stampata e molti libri di poesia debbano resistere al tempo .
nobelprize.org - 1975

 

 

 

Andate a dire all'uomo della strada
all'uomo che non è stato all'università, che un uomo può essere un grande artista e, insieme, un uomo immorale e persino un criminale; e l'uomo della strada non avrà difficoltà ad ammettere che dentro un uomo ce ne possono essere due, tre, quattro diversi l'uno dall'altro.

l'estetica e la critica - pag. 40

Mi duole di non saper scrivere qualche pagina sulla mia poesia

Altra volta mi ci son provato, ma con risultati molto dubbi ...
La critica ha fatto quasi sempre buon viso ai miei libri, che hanno avuto (almeno o i primi due) molte edizioni. Alcune mie poesie, tradotte, hanno fatto il giro del mondo. Non saprei spiegare come la poesia nasce in me: so solamente che ogni poesia è preceduta da una lunga e oscura gestazione, nella quale però non è contenuto nulla di prevedibile; né l'argomento, né il titolo, né l'ampiezza dello sviluppo. In alcuni casi ho l'impressione che due o tre poesie diverse, "precipitando" si siano fuse insieme. Finito il periodo dell'incubazione scrivo con molta rapidità e con pochi ritocchi. A cose fatte leggo i critici e scopro le mie intenzioni. Talora mi accade di non poter riconoscerle per nulla; altre volte imparo a ravvisare qualcosa di me che non sospettavo affatto.
intervista radiofonica - sulla poesia ed 1976 - eugeniomontale.xoom.it

.

 

 

Mutato ambiente e vita

fatti alcuni viaggi all’estero, non osai mai rileggermi seriamente e sentii il bisogno di andare più in fondo .   Fino a trent’anni non avevo conosciuto quasi nessuno, ora vedevo anche troppa gente, ma la mia solitudine non era minore di quella del tempo degli Ossi di seppia. Cercai di vivere a Firenze col distacco di uno straniero, di un Browning; ma non avevo fatto i conti coi lanzi della podesteria feudale da cui dipendevo .   Del resto, la campana di vetro persisteva intorno a me, ed ora sapevo ch’essa non si sarebbe mai infranta; e temevo che nelle mie vecchie prove quel dualismo fra lirica e commento, fra poesia e preparazione o spinta alla poesia (contrasto che, con sicumera giovanile, un tempo avevo avvertito anche in un Leopardi) persistesse gravemente in me  ...
em - intervista immaginaria - 1946
fb/poesia mondadori

.

 

 

 

Nessuno scriverebbe più versi se il problema della poesia fosse quello di farsi capire

il problema è di far capire quel quid al quale le parole da sole non arrivano

Cio’ non accade solo ai poeti reputati oscuri.

Io credo che Leopardi riderebbe a crepapelle se potesse leggere cio’ che di lui scrivono i suoi commentatori .
da lettera inviata a vittorio masselli che insieme a gian antonio cibotto redigeva  l'antologia popolare di poeti del novecento - 1955

.

 

... ho sempre provato un po’ di vergogna a sentirmi chiamare poeta

Nei registri degli alberghi mi sono sempre qualificato come giornalista ...

24.10.1975 corriere.it

.

 

Ai poeti è inutile chiedere comprensione di certe cose
giacomino  l'amico rinnegato  - corriere sera 24 maggio 1996

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nobel
.

la poesia non è fatta per nessuno

non per altri e nemmeno per chi la scrive  .

perché nasce ?   Non nasce affatto e dunque

non è mai nata .    Sta come una pietra

o un granello di sabbia  .

finirà

con tutto il resto

diario 71-72
.

Chi dà luce rischia il buio
trascolorando - diario 71-72

.

 

.

ANIMALI IN VERSI DI MONTALE

.

 

 

eugenio montale

genova 12 ottobre 1896  -   milano  12 settembre 1981

ultimo dei sei figli  inuna famiglia di commercianti e importatori di prodotti chimici .   uomo impegnato  e versatile fu anche redattore al corriere della sera  di milano  .     la raccolta satura , comprende gli xenia dedicati all'amatissima moglie drusilla tanzi -  'la mosca' - morta nel 1963 ... t'ho dato il nome di una donna che adoravo -  mia moglie mosca - che espansiva proprio non era ...  parlando con il suo cane mouche  .  

riapre poi un ciclo di grande fertilità poetica ... una  ' quarta stagione '.    passò gli ultimi anni di vita a milano, assistito dalla governante gina tiossi - 1922-2014 . nel 1967 fu nominato senatore a vita.  nel 1975 gli fu conferito il premio nobel.

25 anni dopo   - nel 2006 - pubblicate piu' di 50 poesie  ' inedite '  che possono essere definite la  ' quinta stagione '  del poeta.

I SUOI TESTI CONTINUANO AD ESSERE RAPPRESENTATI  IN VERSIONE TEATRALE   .

 

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