JAMES HILLMAN

un americano molto europeo

 

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culture and animal soul

 

miracle it is to find the right words

words that carry soul accurately
a blue fire   -     lafeltrinelli.it  -   books.google.it 

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imparare insegnare educare

Hillman non sembra neppure prendere in considerazione la possibilità che il rapporto “naturale e animale” sia mai esistito, esista o possa essere realizzato in futuro come forma storica concreta: per lui è infatti solo un archetipo, che storicamente si è esplicato e si esplica esclusivamente nell’educazione, cioè nella scuola, che è dunque l’unica forma concreta di esso. Ciò è evidente dal fatto che, davanti alla crisi dell’educazione, la sua abolizione non è prevista neppure come ipotesi remota; la sua preoccupazione è infatti solo l’educazione: cerca di descrivere “ciò che giace nel cuore dell’educazione”, è allarmato perché “qualcosa si sta ammalando nel cuore dell’educazione, è malata nel cuore, e questo cuore non può essere ristabilito con semplici esercizi di base o con una nuova dieta dell’anima, né questo cuore può essere sostituito da una macchina ad alta tecnologia”.  

apefassociazione.it

 

 

lettera agli Insegnanti italiani  -   James Hillman 

I miei pensieri oggi si reggono su una distinzione fondamentale che specificherò in questa frase iniziale: l’insegnare e l’imparare non devono essere confusi con l’educazione e possono persino essere impediti dall’educazione. Inoltre, se questa distinzione è fondamentale, allora sarà precedente ai progetti per la riforma dell’educazione, alla certificazione degli insegnanti, alle missioni e e agli scopi dei programmi educativi, ai contenuti dei curricula, e ad altri dibattiti che impegnano cittadini ed esperti.

La distinzione può essere posta in termini semplici e pratici. Qualcosa quasi naturalmente vuole imparare, specialmente nell’infanzia. Come usare una sega, cucinare un uovo strapazzato, ricordare i versi di una canzone? Dove va il sole quando scende "giù"? e dove sono i pettirossi d’inverno, e perché le anatre non annegano come i polli.? Qualcosa dentro di noi vuole sapere dove, come, quando, che cosa. Porre domande è innato alla psiche umana. Un bambino fa domande agli insegnanti, ai genitori, agli amici, persino ai libri, per soddisfare la sete di apprendere, anche fino al punto di un comportamento ossessivo, ritualistico, dove "perché ?" si ammucchia su "perché?" su "perché ?".
Possiamo imparare ponendo delle domande, ma impariamo ancora di più osservando, ascoltando, imitando, sperimentando e assorbendo sensualmente il mondo che ci circonda. Il bambino, come facciamo noi stessi, tiene un occhio all’esterno e un cuore aperto per il dove e il che cosa e specialmente il chi può soddisfare questo desiderio d’imparare.
In corrispondenza con questo desiderio d’imparare c’è un impulso a insegnare, egualmente innato. Qualcosa, di nuovo piuttosto naturalmente, vuole rispondere a una domanda, dimostrare, spiegare, correggere. " Su dammi quello; lascia che ti mostri come si fa." "Non tenere la sega così stretta. Lascia che siano i denti a fare il lavoro." " La pioggia? Ebbene, noi facciamo la pioggia nella nostra stanza da bagno: guarda come il vapore del bagno fa delle piccole goccioline sulla superficie fredda dello specchio."
La relazione fra l’imparare e l’insegnare è animale, naturale, data, dotata di ubiquità; non è tanto il prodotto della civilizzazione e della cultura quanto la loro base. La cultura chiama questa relazione tradizione; la civilizzazione, educazione. Comunque diamo forma a questa relazione, l’insegnante e l’allievo, la guida e l’apprendista, l’esperienza e l’innocenza, il sapere e l’ignoranza, il pieno e il vuoto sono costituenti costanti della vita interiore dell’anima. In quanto tali, appartengono non solo ai primi anni o alle prime fasi dell’indagine. La ricerca di un insegnante, di un insegnamento e il desiderio d’insegnare continuano in modo importante nella tarda vita . Uno dei momenti più miserevoli della tarda vita è quello in cui l’impulso ad insegnare viene frustrato: nessuno vuole ciò che si può insegnare.
Fra questi due impulsi e la loro affinità l’uno per l’altro viene l’Educazione. Immaginate l’Insegnare e l’Imparare come un fratello e una sorella, un poco perduti nel bosco, come Hansel e Gretel nella fiaba, catturati dalla strega, l’Educazione, e sempre sul punto di essere divorati dall’insaziabile appetito di quella strega. L’intervento dell’Educazione sembra piuttosto ragionevole: mira a facilitare la serendipità (1) della relazione rimuovendo la casualità e controllando il contingente. Soprattutto l’educazione esteriorizza e sistematizza la relazione nella "scuola" (istituzioni educative). Tenta di mettere in contatto i giusti (qualificati) insegnanti con i giusti (selezionati) allievi. Così l’insegnare e l’imparare divengono personificati in classi di persone: quelli che possono e quelli che non possono; quelli che sanno e quelli che non sanno. La vocazione innata diventa una professione accreditata. Il potere inevitabilmente fa seguito alla divisione in classi, che minaccia l’insegnare e l’imparare con la paura dell’"altro". Gli insegnanti temono i loro studenti; gli studenti i loro insegnanti, minacciando l’educazione stessa e conducendola a definire il suo ruolo non tanto come uno strumento di agevolazione, ma come un’autorità impositiva. In questo modo l’educazione separa l’insegnare e l’imparare. Pure la storia dell’autodidatta mostra che i due elementi potenziali nella natura umana sono funzioni complementari. Quanto ciascuno di noi ha imparato e ancora impara insegnando a se stesso da solo!
L’educazione richiede un intero esercito di amministratori, esperti, specialisti; divisioni in classi, unità, soggetti, discipline, dipartimenti; conseguimento di traguardi, gradi, prove, valutazioni; e naturalmente bilanci preventivi, supervisione, responsabilità misurabile. Pure l’educazione si suddivide in due specie: primaria e superiore, tecnica e classica, scienze ed arti; riparatrice ed avanzata. Il misterioso lavoro emotivo di insegnare e imparare viene cooptato nelle forme esteriori che mirano a farlo avvenire. In verità, l’insegnare e l’imparare scompaiono in vicoli laterali e in occasioni segrete. Dei lunghi anni trascorsi nella scuola quanti pochi episodi di illuminazione conservati nella memoria, quanti pochi momenti di insegnamento che hanno acceso un fuoco! Anche per gli insegnanti solo una manciata di studenti da tante classi realmente "connesse" restano ben presenti nella memoria.
Potrebbe sembrare che la distinzione che sto tracciando segua un vecchio spartiacque fra ciò che William James - che fu lui stesso molto interessato all’insegnamento (Conversazioni con gli insegnanti, 1899) - chiama le menti "dure" e quelle "tenere". Questa divisione domina la teoria pedagogica come l’opposizione tra disciplina e libertà, tra il classico e il romantico, fra le nozioni del bambino come selvaggio e il vuoto bisognoso del battesimo e la disciplina o il bisogno innato assennato e creativo di opportunità ed espressione. Potrebbe sembrare che la mia enfasi sul desiderio istintivo di imparare e insegnare segua un lato di questo spartiacque, cioè il Romanticismo di Rousseau, Pestalozzi, Frobel, Montessori e Alice Miller, i quali tutti sottolineano l’elemento idiosincratico piuttosto che quello nomotetico, privilegiando l’individuale sulle necessità collettive della società.
Ma questa non è la mia intenzione. Io sfuggirei da questo spartiacque del tutto, perché la coppia insegnare-imparare, nonostante preceda l’educazione non può subire un’interpretazione letterale in un programma d’educazione. Io cerco di fuggire dalle ideologie che annunciano, o denunciano, programmi in ciascuna direzione: da una parte, modelli più duri di contatto intensificato fra insegnanti e studenti, o, dall’altra, una tenera educazione in classi collaborative e l’istruzione scolastica a casa. Se io optassi per un progetto diventerei un educatore, mentre sono solo uno psicologo. Cerco di descrivere ciò che giace nell’anima dell’educazione piuttosto che prescriverne la forma. Voglio solo che l’affinità innata fra l’insegnare e l’imparare, e l’idea di ciò come di un fatto primordiale, restino vive nell’anima.
L’educazione oggi assorbe il cinque per cento del prodotto mondiale nazionale lordo; l’educazione è la più grande industria del mondo. Enormi difficoltà stanno schiacciando le scuole nel mondo - l’enumerazione delle quali sta quasi schiacciando anche questa conferenza. Sebbene queste difficoltà appaiano nella psiche turbata di insegnanti e allievi, esse non sono radicate nell’insegnare e nell’imparare. Infatti l’immediatezza di quel rapporto è un porto sicuro, una salvezza dai problemi dell’educazione. Per la gioventù ci sono pochi rifugi, poche fughe dai problemi dell’educazione contro i quali c’è tanta ribellione, sia diretta - come il rifiuto della scuola, la violenza e i desaparecidos o scomparsi - sia indiretta, nei sintomi psicologici che ostacolano l’imparare, ad esempio "i disturbi dell’imparare". Gli insegnanti, presi fra le richieste dell’educazione da una parte e la ribellione degli studenti dall’altra, sono in una posizione simile a quella di un medico verso il paziente, di un avvocato verso il cliente, di un giornalista verso la fonte, del prete verso il peccatore.
Sono obbligati dalla loro fedeltà alla loro coppia a stare con i loro studenti i cui sintomi rappresentano una resistenza a quel disordine generale dell’imparare chiamato "educazione".
Immaginate! La psiche si ribella contro il vero imparare che una società guidata dall’economia insiste nel ritenere di primaria importanza. Devi ricevere un’educazione, avere un’educazione, perché allora sarai più vendibile, servendo l’economia e alzando il Pil. Ecco perché gli insegnanti sono risorse nazionali, fornire le loro prestazioni soddisfa le quote di produzione stabilite per loro! L’educazione come merce, come un investimento di capitale che serve alla competizione del libero mercato. E’ questo ciò a cui i sintomi dicono "no" ? E’ questo ciò che il rifiuto della scuola in definitiva significa?
Qualcosa si sta ammalando nel cuore dell’educazione; è malata nel cuore, e questo cuore non può essere ristabilito con semplici esercizi di base o con una nuova dieta dell’anima, né questo cuore può essere sostituito da una macchina ad alta tecnologia.
II
Possiamo osservare il cuore dell’insegnare in azione in tre esempi tratti dalle biografie di scrittori distinti. James Baldwin il romanziere e saggista americano, ricorda: " un edificio scolastico… terribile, antico; scuro, cupo e a volte pauroso. In una classe di cinquanta bambini, per lo più neri, un’insegnante Orilla Miller - una giovane insegnante di scuola bianca, una donna bellissima… che amavo… in modo assoluto, dell’amore di un bambino", riconobbe una qualità in questo bambino nero di dieci anni. "La giovane donna del Midwest era sorpresa dalla vivezza d’ingegno di questo bambino dei bassifondi". Scoprirono un interesse comune in Dickens; lo leggevano entrambi ed erano ansiosi di scambiare opinioni. Anni più tardi, dopo essere diventato famoso, Baldwin scrisse alla sua vecchia insegnante, chiedendo una fotografia. "Ho tenuto il tuo volto nella mia mente per molti anni".
Un altro resoconto; questo di Elias Kazan, lo straordinario regista cinematografico: "Quando avevo dodici anni ebbi un colpo di fortuna, l’incontro con la mia insegnante dell’ottavo grado, Miss Shank influenzò il corso della mia vita… Mi prese in simpatia… fu lei a dirmi che avevo dei begli occhi marroni. Venticinque anni più tardi, mi scrisse una lettera. ‘Quando avevi solo dodici anni’ scrisse ‘la luce cadeva dalla finestra attraverso la tua testa e la tua fisionomia e illuminava l’espressione del tuo volto. Pensai alle grandi possibilità che erano nel tuo sviluppo e …’. Miss Shank si avviò sollecitamente a sottrarmi alla tradizione della nostra gente riguardo al figlio maggiore e a indirizzarmi verso… le discipline classiche".
Un terzo esmpio è quello di Truman Capote, un tipico "bambino difficile", che faceva tutto quello che poteva per disturbare la classe e provocare i suoi insegnanti. Ma incontrò la simpatia della sua insegnante di scuola media, Miss Wood. Condividevano un interesse per Ibsen. Miss Wood invitò spesso il giovane Capote a cena, lo favoriva in classe e incoraggiava i suoi colleghi a fare altrettanto.
"Mi prese in simpatia" ha detto Kazan; " Ho tenuto il tuo volto nella mia mente per molti anni", ha detto Baldwin; Miss Wood invitava Capote a casa per mangiare insieme e gli forniva ciò che desiderava in classe. Miss Shank "mi disse che avevo dei begli occhi marroni", ha detto Kazan. Queste schizzi ci dicono che c’è un modo di valutare indipendente dagli esami. L’insegnare vede con l’occhio del cuore. Noi non crediamo più in questa specie di visione: "…la luce cadeva dalla finestra attraverso la tua fisionomia e illuminava l’espressione del tuo volto". Ma al giorno d’oggi, forse specialmente negli Stati Uniti, vediamo solo con l’occhio dei genitali. L’attrazione che ha appassionato questi allievi e questi maestri oggi sarebbe seduzione, manipolazione, persino abuso. Agli insegnanti è consentito di essere chiamati dalla bellezza; l’educazione permette che l’eros si risvegli?
Ma se dovesse risvegliarsi, allora l’eros non corromperebbe l’obiettività e l’eguaglianza?
Può darsi che proprio qui risieda la ragione più profonda dei computers all’interno dell’aula: essi sono completamente imparziali. Non c’è eros nel programma.
Niente eros neppure nell’accademia - una mancanza comune in istituzioni di istruzione superiore. I professori non ascoltano le lezioni degli altri, leggono i saggi degli altri. Borsisti e ricercatori non amano l’amministrazione; gli amministratori non amano i professori. Il personale è "di una classe più bassa", persino al di sotto degli studenti. Gli studenti mettono in contatto i loro cuori affamati con la loro sete di conoscenza che sarà mandata via dalle vane preoccupazioni della facoltà, loro stesse in cerca di amore. La trappola sessuale diviene l’unico accesso all’eros nell’università.
Gli esempi di Baldwin, Capote e Kazan rivelano qualcosa di particolare riguardo all’eros dell’insegnare. Ciò che fece riunire le coppie, la reciproca attrazione, fu una visione comune. L’amore fiorì perché condividevano una fantasia. Per Baldwin e Miss Miller, Dickens; per Capote e Miss Wood, Ibsen e Undset; per Kazan, la visione di un futuro umanista. Essi percepirono la bellezza l’uno nell’altra e permisero la vicinanza. (Capote veniva a casa per cena; Miss Shank studiava il volto e gli occhi di Kazan; Miss Miller dava a Baldwin il suo tempo privato). Quando l’eros è represso cade in un’intimità clandestina. Pure impariamo attraverso la vicinanza - osservando le mani del maestro al lavoro, ascoltando le inflessioni vocali, contagiati dalla gioia del compito. Uno degli studenti di Socrate dice (Teagete 127 Bff): " Ho fatto progressi ogni volta che ero insieme a te… e sono progredito più rapidamente e profondamente quando mi sono seduto vicino, accanto a te e ti ho toccato". Mentre per l’educazione nello stesso passaggio (128B) Socrate dice: " Non so niente di questo raffinato sapere dei Sofisti; io ho soltanto un piccolo corpo di sapere: la natura dell’amore (tà erotika)".
E’ importante mantenere distinte nella mente le molte specie di eros. I filosofi della Chiesa potrebbero elencare una quarantina di specie di relazioni amorose, come i soldati in armi, i compagni in un viaggio, le suore in un ordine, il servo e il padrone, fratelli e sorelle, e naturalmente madri e figli, mariti e mogli. Ciò che in particolare il mentore divide con il suo o la sua protetta è un amore nato da una fantasia comune. La loro dedizione non è tanto per ciascuno come amanti quanto - in questi casi di scrittori - per la lingua inglese. I loro demoni sono in armonia, ciascuno aiuta l’altro a soddisfarsi. Insegnare e imparare sono necessari l’uno all’altro e, come Hansel e Gretel si salvano l’uno con l’altro. Così l’insegnante non è un genitore sostitutivo che procura allo studente i soldi per il pranzo e scarpe nuove. Miss Miller e Miss Wood e Miss Shank nutrivano le anime degli studenti e mettevano il fuoco nei loro spiriti.
III
Prima di concludere questo discorso rivolto agli insegnanti mi piacerebbe rendere più chiaro un pensiero. Nonostante il titolo di questo Convegno, la base dell’insegnamento nel Ventunesimo secolo non è diversa da quella di qualunque altro, anche se il contenuto e la forma dell’educazione subiscono le esigenze della storia. Il fatto che l’educazione presti il suo corpo alla piazza del mercato nella nostra epoca, non è diverso dalla sua prostituzione alla dottrina politica nell’era di Stalin e Hitler, o Mao e Pol Pot, o alla Chiesa nella Francia della Scolastica, o all’ortodossia musulmana nelle scuole del Medio Oriente. All’insegnamento si chiede sempre di sottomettersi senza protestare di fronte ai dogmi educativi: lo testimoniano il destino di Socrate, la persecuzione degli insegnanti irlandesi nelle scuole di trincea durante la dominazione inglese. A causa del potere degli istituti educativi, il vero imparare, analogamente alla psicanalisi, diventa sovversivo. L’imparare deve nascondersi all’interno dell’educazione come abbiamo visto nei tre piccoli bambini e nei loro insegnanti, dove una corrente erotica lega in modo sovversivo l’insegnante e lo studente. Marsilio Ficino, uno dei più autorevoli insegnanti d’Europa di sempre, si riferì a questo imparare nascosto e sovversivo come contro-educazione. Noi impariamo ciò che è ufficialmente insegnato, e re-impariamo il contrario o ciò che sta più profondamente nel suo interno, vedendo in esso e attraverso esso, decostruendo, diciamo, con il chiedere ulteriormente: "questo materiale, questo metodo, questa ipotesi che cosa significano per l’anima?". La contro-educazione interiorizza e individualizza, come ha detto Ficino, le uniformità dell’educazione. Individualizzare l’educazione, cioè collocare l’imparare all’interno dell’anima di qualcuno, esige l’eros, non perché l’individualizzare favorisce uno studente a scapito di un altro, il cosiddetto "prediletto dell’insegnante", ma perché l’eros incendia il particolare stile di desiderio di ogni persona.
Con "uniformità" mi riferisco a modelli di prove, misure di intelligenza, gradazioni attraverso livelli, libri di testo uniformi, divisioni del tempo, architettura delle aule scolastiche, ecc. L’idea autentica dell’uniformità educativa, dell’universalità stessa, è stata radicalmente sfidata teoricamente da Howard Gardiner, a Harvard, e molto tempo fa da Giambattista Vico a Napoli. Per Vico i veri universali dai quali potevano essere derivati i modelli sono i miti classici, che ha chiamato universali fantastici, cioè i tipi archetipici che governano l’immaginazione e dai quali dipende lo stesso pensiero. Questi universali mostrano come la natura umana immagina i suoi problemi, viene a contatto con essi, ed effettua scelte di valore. Essi offrono un modo di pensiero umanista o quella che può anche essere chiamata una base poetica della mente che è capace di superare il nichilismo etico dell’educazione contemporanea e l’ottusità estetica travestiti e rinforzati dal "metodo obiettivo".
Così, seguendo Vico, la base archetipica della mente è un substrato sia di logica che di sogno, di scienza e di arte, di passato e di presente, di obiettività e di soggettività. Mentre Vico propone le molteplici persone e storie e valori dei miti nella loro immensa differenziazione, Gardiner mina l’uniformità dimostrando che l’imparare dev’essere molteplice perché l’intelligenza è molteplice. L’imparare e l’insegnare devono seguire una varietà di pensieri. Una dimensione non va bene a tutto. Anche la nozione di "misura" può essere liberata dalla sua angusta denotazione - significati matematici e statistici - per modi che tengono chi e perché e che cosa è stato misurato; per esempio, l’estetica, la narrativa, la morale o le capacità del corpo.
Ma ora sto andando oltre il mio semplice tema e sto trasgredendo nel campo delle idee educative, idee per rifondare l’educazione lungo linee che derivano da Vico e Gardiner, il che implica che il primo compito dell’educazione sarebbe di psicoanalizzare se stessa, di decostruirsi trovando i miti che suggeriscono i suoi programmi. Pure, qualunque cosa venga proposta da chiunque, dovunque, la techne e la praxis di tutti i programmi educativi, la realtà di ogni adempimento dipende dall’affinità naturale fra la coppia archetipica: l’Insegnante e lo Studente.
Nota
Dall’inglese serendipity.

Lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che fare con quanto ci si proponeva di trovare o con i presupposti teorici sui quali ci si basava. Il significato del termine trae origine dalla fiaba persiana I tre principi di Serendip, nella quale gli eroi protagonisti posseggono appunto il dono naturale di trovare cose di valore non cercate.
James Hillman 2002

www.edscuola.it/archivio/ped/hillman.htm - 2002

catania 2006 - in occasione degli 80 anni di James Hillman nasce l'Istituto Mediterraneo di Psicologia Archetipica di cui è stato il Presidente Onorario
https://youtu.be/5ABWIiQjBVc

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This is a freedom of speech individual citizen's endorsement.
It does not reflect the opinions of any organization.
Don't think about whether he's going to win or not. "What are his chances of winning. We only want to back the winning candidate." That's already thinking in terms of money, and thinking it as the Republicans do. That's the wrong way to put it. The point is, what man, what person, what ideas are the ones that need backing.    

Once you've done that, it gathers its own force and its own strength.
james hillman    jungian psychologist  

wewantkucinich.com

 

 

Siamo avviliti perché abbiamo solo un dio e questo è l'economia. L'economia è un aguzzino. Nessuno ha tempo libero. nessuno ha riposo. L'intera cultura è sotto una pressione terribile intessuta com'è di preoccupazioni. E' difficile uscire da questa prigione. Inoltre vedo la felicità come la conseguenza di ciò che fai. E' impossibile cercare d'ottenerla direttamente  

scottlondon.com

 

 

 

JAMES HILLMAN

psicologo, studioso, docente universitario e conferenziere a livello internazionale, è stato selezionato dalla Utne Rreaders tra le prime 100 persone "che sono in grado di cambiare la vita del loro pubblico".  Ha studiato alla Sorbona, al Trinity College di Dublino e all'Università di Zurigo, dove haconseguito la laurea summa cum laude.  E' stato docente alla Eranos Foundation, Ascona, Ticino, dal 1966 al 1983.  Dal 1970 è editore e redattore della Spring Publications.
Ha scritto più di venti opere, tra le quali Saggio su Pan, The Soul's Code (Il codice dell'anima),
Healing Fiction, Suicide and the Soul e Re-Visioning Psychology, che ha avuto la nomination per il Premio Pulitzer. Analista Jungiano e primo Direttore dell'Istituto Jung di Zurigo, Hillman è il padre della Psicologia Archetipa.
Negli Stati Uniti è stato docente a Yale, alla Syracuse University, alla University of Chicago e alla University of Dallas (dove è stato uno dei fondatori dell'Istituto di Dallas per le Scienze Umanistiche e la Cultura).    Le sue opere sono raccolte negli James Hillman Archives, depositati presso il Pacifica Graduate Institute di Santa Barbara, California, istituto di Psicologia del profondo e studi mitologici, presso il quale James Hillman ha tenuto lezioni e seminari per più di dieci anni. In Italia gli è stata
conferita la Medaglia del Comune di Firenze e la cittadinanza onoraria di Chiavari.

vrttiopera.it

 

 

 

Vuole dire che il contatto con la morte cercato dai giovani è un atto vitale e al contrario il prenderne le distanze è un atto di negazione, un atto, per usare i suoi termini, saturnino?
"Quello che i giovani cercano di realizzare è il   desiderio di una vita che sia in contatto con la morte - perché una vita non in contatto con la morte   è mortale, moribonda. E questo è ciò che traspare dai sistemi di assicurazione e sicurezza che incontriamo nelle immagini senili della società politica. Se cerchiamo la morte nella nostra società, è un errore cercarla nei giovani, dobbiamo cercarla negli anziani e nella loro volontà di avere il controllo su tutto, che è il lato Saturno della vecchia generazione, della mia generazione".

socialisti.net

 


chi è james hillman

nesso fra filologia e immaginazione  - se il video spodesta il libro
L'
artista della psiche

fra le tante definizioni coniate sulla figura di James Hillman, questa ci sembra la più efficace. Perché collega la materia prima della sua ricerca, la «psiche», a quell'universo di emozioni, simboli, miti, forme, l'«arte», con il quale un buono junghiano di necessità dialoga costantemente. E perché fa pensare, però, più che a un analista dietro la sua scrivania, a un personaggio «in scena», pubblico. James Hillman è nato ad Atlantic City nel 1926. Ha studiato filosofia alla Sorbona e al Trinity College di Dublino, poi psicologia a Zurigo, dove è entrato a far parte dell'Istituto C.G.Jung, del quale è diventato direttore. Ha fondato il Dallas Institute for Humanities and Culture e dirige dal 1970 la rivista «Spring». Tra i suoi libri «Il suicidio e l'anima» del '64, «Senex e puer» del '67, «Il mito dell'analisi» del '72, «Anima» dell'85, «Cento anni di psicoterapia... e il mondo va sempre peggio» del '93, «Fuochi blu» del '96, «Il codice dell'anima» del '97.
Hillman va approfondendo, a volte talmente tanto da dare l'apparenza di capovolgerli, alcuni concetti chiave della psicologia junghiana: per esempio individuazione, archetipi, anima. Così come Jung esplorando e dialogando con culture «altre»: nella sua ricerca affiorano tracce di sufismo come di pensiero chassidico, accanto all'amata forma dialogica della filosofia platonica. E questo è lo Hillman dei libri. Che, in più del suo maestro, ha un dono: scrive in modo comprensibile. Poi c'è lo Hillman che ci viene consegnato dai giornali. Perché in epoca di morte del sacro gli analisti, junghiani soprattutto - per quella dimensione spirituale che mantengono - possono facilmente essere visti come guru. A Hillman questo non sembra dispiacere. Il problema è che uno degli oggetti prediletti della sua polemica - l'invasività di una psicanalisi volgarizzata - è un fenomeno più americano che europeo. E la polemica, come riportata dai nostri giornali, ha assunto toni caricaturali. In realtà Hillman polemizza col narcisismo - fenomeno epocale - che un certo tipo di psicanalisi fomenta anziché curare.

MAPS   reset.it

 

 

james hillman a catania
2006 - All'idea di io tradizionale Hillmann contrappone un altro tipo di ego che chiama immaginale, si tratta dell'ego che ritroviamo nell'arte, nell'ambiente, nel sogno e nel mito, fautore della sovversione delle relazioni, propaggine cognitiva di rapporti che si fondano sui sogni ed hanno come luogo l'incoscio collettivo di jungiana memoria: la psiche non è ne mia né tua; esiste una comunità di vita psichica che noi condividiamo, questa vita è fondata anche dall'ambiente, anche dalle piante , dalle costruzioni e anche dalle città; pensare ciò rappresenta una continua sovversione del narcisismo contemporaneo. Il narcisismo che caratterizza la società contemporanea - descritta da Freud come portato di una carenza di libido affettuale - può risolversi solo riscoprendo l'anima mundi: liberarsi dal fascino della propria soggettività perché il mondo ci chiama (distoglie da noi) sempre con la bellezza, la bruttura, la sua vitalità, ma la concentrazione su noi stessi ci divide da questo contatto col mondo.

erroneo.org

 

 

 

Questa e' quella che alcuni sociologi chiamano 'nuova ignoranza', una realta' tipica del mondo contemporaneo.
Non so se sia solo mancanza di conoscenza. Il problema e': che cosa sanno e che cosa capiscono?    Esiste un desiderio di ritualita', un desiderio di bellezza, di attivita', di musica.     C'e' tutta una serie di altre cose, ma cio' che importa e' conservare certi miti, che sono sempre stati presenti nella cultura.      Eppure proprio questi sono in pericolo
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ultimathule.it

 

caro hillman ...

venticinque scambi epistolari con James Hillman

voci significative della psicologia analitica e della cultura italiana scrivono a James Hillman — figura prestigiosa e carismatica di filosofo e analista junghiano, ben noto ai lettori del nostro Paese — presentandogli ricordi personali, interrogativi, proposte, poesie e persino un ritratto, ma anche perplessità ed espliciti dissensi.

L'iniziativa di raccogliere in volume queste lettere, con le risposte di Hillman, intende stimolare un dibattito su che cosa può significare, oggi, rifarsi al pensiero e all'insegnamento di Jung; più in generale, quale psicologia e quale psicoterapia possono aiutarci ad affrontare i problemi dell'individuo e della società nel mondo attuale.   

bollatiboringhieri.it

Un Hillman disegnato a toni freddi e irreali, volto senza volumi, piatto e immobile e dis-animato (proprio lui che ha speso tutta una vita culturale all'insegna dell'Anima!). Posto in copertina, il ritratto ci accompagna inesorabile e, a dire il vero, un po' ci disturba, per tutto il corso della lettura. Tra l'altro, a ben vedere, nelle linee della bocca, quel viso rassomiglia più che altro al disegnatore. E Hillman deve avere percepito qualcosa del genere se, in risposta a quell'omaggio grafico (inserito anch'esso, a mo' di lettera, nell'epistolario), dice a Battiato "Forse quel ritratto è lei stesso quanto me".    

 ilquaderno.it

 

 

 

2021

LE STORIE CHE CURANO - hillman/ZOJA

l'ultima immagine  - hillman/ronchey

2015

SUL MIO SCRIVERE

2014

figure del mito

il lamento dei morti - hillman/Shamdasani

2013

psicologia alchemica

2012

il mito dell'analisi

2010

LA RICERCA INTERIORE

2008

la giustizia di afrodite

Problems from Philosophy Organizations
Complex Variables and Applications
SERVICE MANAGEMENT

GLI STILI DEL POTERE

IL SUICIDIO E L'ANIMA

2006

CITY AND SOUL

Cent'anni di psicanalisi E il mondo va sempre peggio

Il paesaggio: una ricerca psicologica

2005
Un terribile amore per la guerra
Il linguaggio della vita.
Cent'anni di psicanalisi.
2004
L'anima dei luoghi. Conversazione con Carlo Truppi
Il piacere di pensare.
2003
Il sogno e il mondo infero
Il linguaggio della vita.
Il potere. Come usarlo con intelligenza

 

2002
Anima. Anatomia di una nozione personificata
Il potere
Il potere. Come usarlo con intelligenza
L'anima del mondo e il pensiero del cuore
Politica della bellezza

2001
L'anima del mondo.
Oltre l'umanesimo
Il piacere di pensare

Animali del sogno

2000
Tipos De Poder: Guia Para Pensar Por UNO Mismo
La forza del carattere. La vita che dura - 2007
1999
Anima. Anatomia di una nozione personificata
Il suicidio e l'anima
Puer aeternus
1998
Cento anni di psicoterapia
1997
Soul's Code
Il codice dell'anima.
Trappole seduttive.
1996
Fuochi blu
1995
L'Anima del mondo e il pensiero del cuore
1992
Variazioni su Edipo
Re-visione della psicologia

unilibro.it    zam.it    ibs.it

 

 

Le storie che curano. Freud, Jung, Adler
Hillman immagina la mente con una “base poetica” e, come tale, fondata non sulle microstrutture del cervello o del linguaggio ma su quelle storie mitiche, protagonisti gli Dei, che al nostro agire e sentire offrono modelli fondamentali e insieme la dimora in cui sussistere. Conoscere la mente più profonda è ascoltarne le storie, con un’attenzione poetica che sappia coglierne il carattere estetico insieme a quello terapeutico. Il fi ne della psicoterapia è educare alla capacità immaginativa: “guarire” sarà ritrovare il senso perduto del vivere entro un cosmo immaginale, attuare “storie che curano”, dove una vita possa finalmente aver dimora. Le teorie freudiana, junghiana e adleriana vengono così liberate dal dominio delle rispettive accademie e apprezzate per quel che ancora le conserva vitali: l’essere forme poetiche, fra loro differenti solo per stile e trama.
amazon.it - 2021

 

 

 

l'ultima immagine - james hillman-silvia ronchey
Questo libro postumo racchiude l'estremo pensiero di James Hillman. Non è solo la summa e l'ultimo approdo della riflessione sull'immagine, che fin dall'inizio sostanzia la sua idea di anima e tutta la sua psicologia. È anche il testamento, etico e politico, che uno dei massimi pensatori del Novecento ha voluto strenuamente concludere sul letto di morte, restando pensante sino alla soglia finale dell'intelletto, dell'introspezione, della biologia stessa. Vi ha depositato l'ultima immagine, appunto, di sé e del suo sistema psicologico e filosofico. Fin dal pensiero del suo maestro Jung - ma anche del platonismo antico e rinascimentale o dell'islam sufi di Corbin ? l'immagine è la materia di cui è fatta l'anima individuale. È allora proprio curando il nostro modo di guardare un'immagine che Hillman ci consegna una nuova terapia dei mali che oggi sempre più affliggono l'anima collettiva. Una via verde, immanente alla psiche, per salvare la Terra dalla catastrofe ecologica. Un ritorno alla "Grecia psichica", al suo principio di laicità, di "inappartenenza", di tolleranza, contro ogni fondamentalismo. Una riscoperta del "genio femminile", l'importanza del nuovo e antico potere della donna, del suo ruolo nella composizione dei conflitti psichici, e quindi politici, dinanzi alla "caduta" della civiltà occidentale e alla crisi endemica delle sue economie. È nel settembre 2008, lo stesso mese e anno del crollo di Wall Street, che si svolge il "primo tempo" di questo dialogo con Silvia Ronchey, ispirato dalle immagini dei mosaici di Ravenna. Il suo "secondo tempo", consumato in punto di morte nell'ottobre 2011, esattamente dieci anni fa, affida all'umanità del terzo millennio un insegnamento reso con la tenacia e la determinazione di un moderno Socrate, a testimoniare quella verità che si scorge ed esprime solo imparando a fermare lo sguardo, per cercare dentro ogni immagine l'ultima immagine.

hoepli - 2021

 

 

SUL MIO SCRIVERE

In questa raccolta di saggi Hillman ci parla di sé e di come è nata la sua visione della psicologia, dell'uomo, del mondo. Tutti i suoi poliedrici scritti sono contraddistinti da un denominatore comune: la centralità del processo immaginativo nell'attività della e sulla psiche. E l'importanza della cura della vita immaginale, quindi, come modo per promuovere nuove visioni, per coltivare il senso estetico nelle relazioni con il mondo, per restituire Anima ai luoghi, alle malattie abitate dagli uomini, al mondo. "Restituendo i sintomi all'anima", dice l'autore, "io tento di restituire un'anima ai sintomi ridando loro quel valore centrale nella vita che è proprio dell'anima". Il costante interpenetrarsi di pensiero e immagine della sua visione consente un avvicinamento tra apparenza e realtà, tra "lo spirito che sviluppa teorie e l'anima che costruisce fantasie" e ci consegna un nuovo stato della mente che sa vedere oltre per immaginare il presente in modo nuovo.
ibs.it - 2015

 

 

 

 

Il lamento dei morti - La psicologia dopo Il libro rosso di Jung

Abbiamo ucciso i morti, e adesso ci aggiriamo in una vita che è poco più di un pregiudizio, lontani dalla pienezza dell'esistenza. Ecco il sintomo collettivo, la malattia di cui soffre la nostra cultura, e che le psicoterapie tentano invano di sanare. Lo intuì un secolo fa C. G. Jung, quando iniziò quella discesa nei propri abissi inferi che avrebbe speso anni a trascrivere, calligrafare e corredare di immagini sfolgoranti, consegnando poi il testo a un silenzio infranto solo nel 2009, con l'edizione che lasciò stupefatti: il "Libro rosso", favoleggiato da tempo nelle cerchie junghiane, vedeva la luce e la sua unicità ancora da decifrare scuoteva non solo l'edificio della psicologia analitica ma ogni altra costruzione concettuale eretta sul territorio della psiche. Lì nulla potrà essere come prima. E la convinzione comune di James Hillman e Sonu Shamdasani. Nel clima sintonico creato dalia loro spigliata libertà intellettuale, conversano a caldo sul significato di un'impresa per cui vanno cercate le parole adatte al di fuori dei linguaggi specialistici, in direzione metaforica, poetica e drammatica. Attraverso il dialogo di Hillman e Shamdasani si precisa così l'entità dello scotimento. La gerarchia dei vivi e dei morti ne esce capovolta, perché nel profondo di sé Jung non rinviene i traumi personali che l'abbaglio introspettivo è solito portare a galla; vi incontra invece le figure ancestrali della storia umana, i morti che lamentano di restare inascoltati.

ibs - 2014

 

 

 

l'anima dei luoghi

Seguendo le orme di Jung e degli antichi greci, Hillman sostiene che anche i luoghi hanno un'anima,  sono popolati da divinità diverse, assorbono i pensieri e le tradizioni degli uomini che li abitano da secoli o millenni. In questo libro, Hillman parla dell'anima dei luoghi con Carlo Truppi, studioso di architettura.  Dalla conversazione emerge l'idea di un'architettura lontana da uno "stile internazionale" indifferente alle specificità locali; al contrario, se case, monumenti e città vogliono dare un contributo positivo alla vita degli uomini che vi abitano, devono rispettare e rispecchiare la natura segreta dei luoghi in cui sorgono: l'anima dei luoghi respira insieme all'anima del mondo e alla nostra anima.

yahoo.com

Nell’antica Grecia, luoghi quali incroci, sorgenti, pozzi, boschi erano “abitati”: da dèi e dee, ninfe, daimones. Gli uomini dovevano essere consapevoli dello spirito, della sensibilità, dell’immaginazione che vi sovrintendeva e di come corrispondere al luogo in cui si trovava. Nella nostra cultura, invece, a partire da Cartesio e Newton – con le astrazioni del razionalismo e la rivoluzione scientifica del Seicento -, i luoghi hanno perso l’anima: abbiamo sostituito l’individualità, la specificità di ciascun luogo con l’idea di una spazio “vuoto”, uniforme, che si può misurare e occupare. Seguendo le orme di Carl Gustav Jung e dei greci, James Hillman – il grande psicologo e filosofo americano che ha riportato al centro della nostra riflessione l’idea di “anima – recupera l’antica nozione di una natura animata che assorbe i pensieri e le tradizioni degli uomini che la abitano da secoli o millenni.  

rizzoli.rcslibri.it

"Quando si torna dopo molto tempo nel proprio paese o nella città natale, o nella strada dove si abitava da bambini, si avverte il peso e il riaffiorare dei ricordi e, con essi, una certa gioia che proviene dal luogo. Di solito pensiamo che tutto questo provenga dalla nostra mente, che provenga dal cervello, perché così c'è stato insegnato. Invece, è il luogo che parla di sé".
Il luogo ferito mostra tutta la sua forza, la sua presenza, il valore della sua identità, la memoria di cui è portatore. Sicché prima di ogni riparazione bisogna attendere i tempi di cicatrizzazione. Bisogna aspettare, cioè, che sia il luogo a suggerire cosa fare, a indicare risposte. Non ignorare la ferita, bensì utilizzarla come circostanza dolorosa ma anche feconda di possibilità. Deve, però, trascorrere del tempo perché l'anima è molto lenta. E ciò che si ricostruisce è una nuova fisica nascita, perché, a differenza dello spirito che vive disincarnato, l'anima non è separata dalla sua corporeità: aderisce alla materia, ama il corpo, ama il mondo.  

il quaderno.it


 

IL SUICIDIO E L'ANIMA

Se il suicidio è certamente il più violato fra i tabù -oggi più che mai, come testimoniano le cronache -, rimane nondimeno, nella percezione comune, lo scandalo supremo, il gesto inaccettabile. Il diritto lo ha giudicato per molto tempo un reato; la religione lo considera peccato, condannandolo come atto di ribellione e apostasia; la società lo rifiuta, tendendo a sottacerlo o a giustificarlo con la follia, quasi fosse l'aberrazione antisociale per eccellenza. E non si può dire che siano mancate riflessioni e analisi - da John Donne a Hume, da Voltaire a Schopenhauer, da Durkheim alla messe di studi psicologici e psichiatrici - volte a spiegarlo. Il problema, nella sua essenza, è rimasto intatto. James Hillman capovolge qui ogni prospettiva. Come egli stesso scrive, non senza vigore polemico, questo libro "mette in discussione la prevenzione del suicidio; va a indagare l'esperienza della morte; accosta la questione del suicidio non dal punto di vista della vita, della società e della "salute mentale", bensì in relazione alla morte e all'anima. Considera il suicidio non soltanto come una via di uscita dalla vita, ma anche come una via di ingresso nella morte". Poiché nell'esperienza della morte l'anima trova una rigenerazione, l'impulso suicida non va necessariamente concepito come una mossa contro la vita, ma come un andare incontro al bisogno imperioso di una vita più piena. Più che di essere spiegato, ci dice in sostanza Hillman, il suicidio attende di essere compreso.

ibs

 

 

IL CODICE DELL'ANIMA 

"Per decifrare il codice dell'anima e capire il carattere, la vocazione, il destino, nel suo best seller Hillman si ispira al mito platonico di Er: l'anima di ciascuno di noi sceglie un "compagno segreto" (daimon lo chiamavano i greci, genius i latini, angelo custode i cristiani). Sarà lui a guidarci nel cammino terreno. Eminenti modelli sfilano sotto l'occhio stregonesco di Hillman ... Il suo set è affollatissimo. Judy Garland, Joséphine Baker, Woody Allen, Quentin Tarantino, Hannah Arendt, Manuel Manolete, Henry Kissinger, Richard Nixon, Truman Ca-pote, Gandhi, Yehudi Menuhin, Elias Canetti e tanti altri, con le loro storie d'infanzia e maturità abilmente sezionate dal bisturi analitico, testimoniano apoteosi e disastri. Ma nell'età della psicopatia il ruolo del protagonista spetta a Hitler: il suo demone gli ha cucito addosso la divisa di un prototipo, il criminale dei tempi moderni. Forse di tutti i tempi."
Enzo Golino - ibs

In questa società e in quest’epoca, in cui i tipi strambi, per essere curati da prepotenti intensità individuali, sono rinchiusi in ospizi, impasticcati di serenità serotoninica e riabilitati nei gruppi; in cui qualsiasi cosa “troppo” diversa viene emarginata, diventa particolarmente importante per la coscienza della nazione sostenere attivamente il fuori dall’ordinario .

Le anime

che provengono da vite precedenti e soggiornano in una sorta di aldilà  hanno ciascuna un destino da compiere  - una parte assegnata - Moira - che corrisponde in un certo senso al carattere di quell'anima . Per esempio l'anima di Aiace Telamonio il valoroso e irruente guerriero scelse la vita di un leone mentre quella di Atalanta - la vergine famosa per la velocità nella corsa , scelse il destino di un atleta e un'altra anima quello di un abile artigiano. L'anima di Ulisse memore delle prove e dei travagli patiti e "guarita di ogni ambizione " andò a lungo in giro alla ricerca di una vita di uomo solitario senza occupazione , e la trovò a stento , gettata in un canto e negletta dagli altri ...
Quando tutte le anime si erano scelte la vita    secondo che era loro toccato    si presentavano davanti a Lachesi - lachos - parte - porzione di destino . A ciascuno ella dava come compagno il genio [ daimon] che quella si era assunto , perchè le facesse da guardiano durante la vita e adempisse il destino da lei scelto . Il daimon conduce l'anima dalla seconda delle personificazioni del destino - Cloto - klotho - filare - volgere il fuso . Sotto la sua mano e il volgere del suo fuso  -  il destino - moira - prescelto è ratificato . Gli viene impresso il suo particolare effetto ? . Quindi il genio - daimon - conduceva l'anima alla filatura di Atropo - atropos, che non si può volgere all'indietro , irreversibile - per rendere irreversibile la trama del suo destino .
Di lì senza voltarsi l'anima passava ai piedi del trono di Necessità - Ananke - o come traducono alcuni del grembo di Necessità -

del mito di Er  - larepubblica.it

- Questo libro, dunque, vuole riparare in parte a tali guasti, mostrando che cos’altro c’era, c’è, nella nostra natura .   Vuole risuscitare le inspiegabili giravolte che ha dovuto compiere la nostra barca presa nei gorghi e nelle secche della mancanza di senso, restituendoci la percezione del nostro destino. Perché è questo che in tante vite è andato smarrito e va recuperato: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi  .    Non la ragione per cui vivere,   non il significato della vita in generale o la filosofia di un credo religioso  .
Esiste un motivo per cui la mia persona, che è unica e irripetibile, è al mondo ed esistono cose alle quali mi devo dedicare al di là del quotidiano e che al quotidiano conferiscono la sua ragion d’essere  .      La sensazione che il mondo, in qualche modo, vuole che io esista .

-jh -  codice dell'anima - teoria della ghianda e la redenzione della psicologia 1997

giovanna visini - rebirthing-milano.it

 

 

 

LA RICERCA INTERIORE
"La ricerca interiore. Psicologia e religione" (Insearch. Psychology and Religion), ha la sua origine in alcune conferenze tenute su invito di sacerdoti interessati alla psicologia analitica e al counseling pastorale, ma nel suo successivo sviluppo il libro ha preso un più ampio respiro, perché ha trovato il suo punto d'aggancio, al di là degli approcci specialistici, nella ricerca dell'anima e nella fede nella sua realtà, e in cosa comporti trovare una connessione vivente con la propria realtà psichica. La qual cosa, per Hillman, riguarda lo specifico contributo della psicologia analitica e dell'esperienza analitica all'esperienza spirituale e al counseling ad essa riferito. Ne risulta così una vera e propria introduzione al senso profondo della pratica analitica condotta nello spirito junghiano; di essa fa riconoscere i passaggi cruciali e il metodo con una semplicità e una incisività che di rado si sono viste anche in opere più direttamente rivolte a questo scopo. Il libro è anche una sottile risposta a quelle teologie della morte di Dio che si diffusero negli anni sessanta lasciando una lunga scia tuttora presente.

ibs

 

 

La giustizia di Afrodite
James Hillman ricorda che rivolgersi alla Dea porta spesso alla catastrofe: «Pensa a Paride, che Ti preferì a Atena e Era, pensiamo alle conseguenze: Troia in macerie, le morti degli eroi. Pensa a Didone, regina di Cartagine, una delle Tue favorite. O a Fedra, resa folle dal suo amore illecito. E pensa alle nostre vite, a come ci riduciamo quando ci visita la Tua ispirazione: diventiamo bugiardi, impostori, pazzi di gelosia».

silvia ronchey - lastampa.it

 

 

Puer aeternus - IL TRADIMENTO    .PDF   

https://docplayer.it/Puer-aeternus-di-james-hillman
Fra i lettori di Hillman si sentono spesso ricordare due scritti: il saggio sul tradimento e Senex e puer. Di fatto sarebbe difficile trovare una migliore via d'accesso al pensiero di Hillman. Nel primo caso perché in poche pagine egli ci offre un'analisi esemplare di una di quelle realtà condannate e deprecate che solo lo scandaglio psicologico riesce a illuminare dietro le grevi cortine della morale. Nel secondo perché la caratterizzazione del puer aeternus e quella parallela del senex hanno una tale precisione e capacità individuante da offrirsi come ausilio immediato per riconoscere nella nostra psiche i tratti dell'eterna fanciullezza e della saturnina vecchiaia.
ibs - 1999
www.rivistapsicologianalitica.it/v2/PDF/2-1-1971-Il%20sogno/II-1-71-cap8.pdf
associazioneitalianapsicologi.it

 

 

 

 

La ricchezza degli animali è nascosta

dice Hillman. Essi sono i portatori di un fuoco che non si vede e di una parola che non si sente. O che non siamo più capaci di ascoltare. L'animale del sogno è il nostro benefattore segreto: dentro di noi c'è un'intera arca di Noè che può parlarci dei nostri turbamenti profondi, delle nostre paure, ma anche della direzione in cui crescere, della speranza di cui nutrirci, della forza cui attingere per tornare a combattere quando siamo esausti per le dure battaglie della vita, dei valori etici per cui vale ancora la pena di vivere e di credere, nonostante tutto. Esso compensa una condizione umana troppo razionale e snaturalizzata. Nella capacità di dialogare con gli animali che abitano i nostri sogni, nell'ascolto che meritano, nel messaggio spesso cruciale che ci portano, c'è una delle chiavi di accesso più preziose alla nostra verità esistenziale più negletta. Nelle notti d'estate, nella solitudine silenziosa che avvolge i nostri sogni mentre il corpo giace addormentato, c'è un'opportunità speciale di ri-sintonizzarci con le acque profonde della nostra anima.
peacelink.org

CITY AND SOUL  -   2006  -   CULTURE AND THE ANIMAL SOUL     -      .pdf  

HOW DO HUMANS DIFFER FROM ANIMALS ? WE ARE ASKING: WHAT IS THE SPECIFIC HUMAN FORM OF ANIMAL DISPLAY? HOW HAVE WE, LIKE ANIMALS, A PARTICULARLY CHARACTERISTIC MODE OF SELF-PRESENTATION ?

THERE IS ONE ANSWER, I BELIEVE, THAT TAKES CARE OF BOTH SORTS OF QUESTION: WHAT IS DIFFERENT IN THE HUMAN SPECIES, AND WHAT IS THE MOST CHARACTERISTICALLY HUMAN KIND OF DISPLAY ? THAT ANSWER IS SPEECH. ONLY WE HAVE THE PALATE, TONGUE, EPIGLOTTIS, LARYNX, PHARYNX ARRANGEMENT THAT PERMITS ARTICULATION. SOUNDS, MELODY, RHYTHM, COMMUNICATION, IMITATION, SYMBOL SYSTEMS, YES, MANY ANIMALS HAVE THESE ELABORATIONS, BUT NOT RHETORICAL SPEECH ...

In the animalized cosmos there is no progress either. Let's say you own a cat and keep your cat for seven or twelve years until one day it dies, stiff and straight on the floor. You get another cat, a different one, maybe a female one, and red. But there is no progress through the line of cats, or repetition of cats. Memory makes comparisons among these avatars of the cat spirit; we see differences. But differences only become progress from better to worse or worse to better when differences are linked to history. For the native Plains peoples in what is now the United States, the buffalo that appeared each spring to eat the new grass after the snow were always the same buffalo roaring up out of the earth and disappearing at the end of the season as the snows came on again. Repetition. Differences and Sames - to use Aristotle's basic category -  suddenness -  changes -  epiphanies - anything but progress.

malintzin.org

 

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non è tanto l'infanzia che abbiamo vissuto
a condizionare il nostro presente
ma come abbiamo imparato a immaginare la nostra vita

 

 

 

 

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