a come appaio

non ci fate caso

non

sono

io

si sa

che io

e' un altro

  MILANO 22 MARZO 1939  

 

 

anna maria carpi   E’ nata a Milano IL 22 MARZO 1939

dove ha studiato alla Statale lingue e letterature straniere, tedesco e russo. AMA IL DISEGNO ED Ha frequentato l’Accademia di Brera.  ha esposto a Milano e a Colonia.  al Museo della Caricatura di Tolentino c’è unA SUA OPERA.      

E’ stata più volte nella Russia sovietica e postsovietica, ha vissuto a più riprese a Bonn. Ha insegnato germanistica alle università di Milano, Macerata e Venezia. Ha esordito con dei racconti, dedicandosi sporadicamente alla poesia e intensamente a un diario che giunge alle 15.000 pagine e s’interrompe alla stesura del primo romanzo, nei primi anni 80. E’ anche autrice di lavori scientifici e traduttrice di lirica. Collabora a 'L’indice' e alle pagine culturali di 'Il foglio' .

Nel 2011 ha curato il Meridiano delle Opere di Kleist. e le sue poesie tradotte su Alzente - Monaco
traduttrice di Nietzsche - Gottfried Benn - Durs Grünbein -  PAUL CELAN - Heiner Müller - Michael Krüger - H.M. Enzensberger

Nel 2011 ha curato il Meridiano delle Opere di Kleist. Sue poesie tradotte su 'Akzente'  - Monaco  2001 e 2011 .
Abita nella 'casa di sempre' a Milano quartiere Magenta .   sposata con un architetto .

dal 2001 insegna traduzione letteraria dal tedesco alla Statale di Milano   .
letteratura.rai.it/articoli/anna-maria-carpi

https://it.wikipedia.org/wiki/Anna_Maria_Carpi
https://poetarumsilva.com/solo-i-momenti-di-solitudine-sono-fertili
   2024
.

 https://annamariacarpi.wordpress.com

.


 

 

 

1993
A morte Talleyrand
1995
Racconto di gioia e di nebbia
1996
E sarai per sempre giovane
2002
Il principe scarlatto
2004
Compagni corpi: poesie 1990-2002
2005
Un inquieto batter d’ali. Vita di H.v.Kleist
2007
E tu fra i due chi sei
2011
L'ASSO NELLA NEVE - Poesie 1990-2010 
2013
quando avro tempo - poesie 2010-2012
IL MIO NOME ERA UN ALTRO - due bambini dell'est
2015
l'animato porto
UOMINI ULTIMO ATTO
2016
E io che ANCORA parlo - Poesie 1990-2015
2018
NE IO NE TU NE VOI

2020

E NON SI SA A CHI CHIEDERE

2022

io dimentico

l'aria e una

 

 

 



 

Premio Pisa 1993
Premio Valeri 1994
Premio Comisso 2006
FINALISTA Viareggio 2011 

 Premio Minturniae 2011

Premio Annuario Castelvecchi 2012

Premio L'Erudita 2012

PREMIO VIAREGGIO 2013

premio carducci alla carriera 2014

Premio Città S.Elpidio - trad poesia straniera - 2015

.

 

 

 

membro GIURIE

. Deutsche Akademie der Sprache

. Premio Monselice

. Premio Wuerth Stoccarda

. Akademie der Sprache und der Dichtung  Darmstadt

.

 

 

 


wikipedia.org
poesia.blog.rainews.it
transeuropaedizioni.it
manichiuse.blogspot.it

.


RACCONTO - UNA MOGLIE  -
  .pdf

 

 

 

https://youtu.be/fmFI33r5B4U

intervista - a casa del poeta - 2018


https://youtu.be/u18589bGMfk  - i diari di una vita
nulla è come credevo - intervista - 2019

https://youtu.be/qV0mZMjr-AE  -  di penna in penna
https://youtu.be/6VMAnRYraBE  -  poesia sconfinata
https://youtu.be/7lWBpH1z4wM  -  l'asso nella neve

DAL SOTTOVUOTO - POESIE ASSETATE D'ARIA

 

 

So che non posso dirlo
che tutti riderebbero
quando mi sveglio presto
in certe albe
c'è l'eterna bellezza.
Davanti agli occhi, manifesto
è quel che mi può salvare
la compagnia della luce
passeri, merli
l'ora di nessuno, l'ora d'oro
e come piaccio a me stessa
piaccio a loro.

e io che intanto parlo - poesie 1990-2015

 

 

IO QUANTO A ME
mai una volta
ho pensato a un viaggio diverso
a partire da sola
c'è sempre tempo per esser se stessi
c'è tutta la vita.
Là dov'erano gli altri  i cari altri
anch'io volevo stare
anch'io su questa transiberiana
perché  pensavo
dove si è in tanti
qualcosa si farà contro la morte.

1996

 




Utopie e apocalissi

se non altro sono quello che sono

Io non capisco

...

 

perché hai scelto il lavoro/mestiere che fai?
Ho scelto d’insegnare all’università perché mi pareva che mi lasciasse tanta libertà per scrivere, che era la mia vocazione.


qual è l’aggettivo che meglio definisce la tua attività?
L’aggettivo che definisce la mia attività è l’abusato 'creativo' ma non ne trovo altro.
anna toscano - lettoedetto.wordpress.com - 2018

 

 

Io sempre in prima fila

quando c'è da sperare

Dicono tutti:
Ah la voluttà del proibito !
Io non capisco.
Io non ho mai cercato che il permesso
le porte aperte
le stanze calde
e come arrivare alla sala del trono.
Io sempre in prima fila
quando c’è da sperare
sempre in ammirazione
per chi fa qualche cosa
forse

mi dico
mi prenderà con sé
poi son delusa a morte

e mi ubriaco
di utopie e apocalissi.
Per fortuna gli altri non lo sanno
i cari altri
che tutto possono
da cui tutto dipende
io sono peggio del cucciolo che sbrana
il cuscino la cuccia
se lo lasciano a casa.
io sbrano anche me stessa.

compagni corpi  - 2004

festivaletteratura.it

 

 



io cialtrona
 che ho tempo e qualche soldo
io che scrivo
ed è pura superbia, lo so bene.
Viene sera e mi siedo, tavola apparecchiata,
il tovagliolo bianco, il piatto caldo
Chi immagina a quest’ora
che non ho dove,
che non so chi sono
che non so cosa voglio –
tutto così infantile e sciagurato?
Basterebbe uno solo
che mi parlasse o parlasse di me.
Ma il mio compagno è assorto
o tace o parla d’altro
e tutto tace fuori sul cortile,
qualche finestra accesa
gente a cena.
Lo so, nelle parole che scambiamo,
poche, casuali, è l’asciutto il sicuro
la salvezza.
Io-sciagura, io mio unico male,
basta, basta con me.

2011

qui sul mio tavolo
ho la luce accesa,
una tazza tedesca di Bayreuth,
le biro e nella scatola
che ho foderato io di carta a fiori
la gomma il temperino
il rotolo di scotch la cucitrice
Rapid One, è svedese.
Guardali, uno ad uno,
non pensare, non muoverti.
Solo un metro più sotto
c’è la disperazione.
Ancora un’ora, poi berrai qualcosa,
poi guarderai le mail, il telegiornale
poi qualcuno telefona.

2011

sorelle barche
nella luce lunare
ancorate qua sotto, nella baia
le prue obbedienti al vento
il vento muto della notte
che c’è ma non si sente.
La risacca tace, c’è solo uno sciacquio
da qualche anfratto buio della sponda.
Da millenni nella notte di giugno
c’è questa pace.
O fossi io quella babbuccia bianca
addossata alle altre,
alle sorelle
a fare come loro.

2011

 

L'OLEANDRO ROSA
al di là del cancello
poi c'è il verde il giardino
il bianco di una casa.
In una porta accucciato sul gradino
un ragazzo suona l'armonica a intermittenze.
Io dentro, in casa, io nel mio letto
io e il soffitto.
Io? Che cos'è?
Il resto di un'antica credenza
anima si chiamava, daimon, identità, farfalla,
e questa mia svagata
era amica del mondo
erano amanti.
Ritorna
o bella superstizione dell'amore.

2012


È DA UN SUONO REMOTO
dalla casa, dalla stanza in fondo
o è un mio tremito interno
o è quel giovane ailanto
che s'agita là fuori, all'imbocco del parco
il selvatico che alligna dappertutto
senza riguardi.
Di dove viene che non la vedo
questa speranza
io non so in che cosa,
questa gioia improvvisa
fuori del cuore
quest'aliena che canta
la sua infinita ragione d'esistere?

2012

 

HAPPY HOUR
Una vita sola? Io so che ce n'è un'altra
sarà come stasera
questo caffè dentro la stazione
e la pioggia che lucida il piazzale
e il vai e vieni di colori e di ombrelli.
Caldo e voci all'interno -
tu cosa bevi? e tu? Sempre lo stesso?
Salute !
Salute a te, e dimmi come stai.
Tu mi ascolti la faccia tra le mani
e io ti ascolto con i cinque sensi
e questa sera non andiamo a casa.
Quel che diciamo - cose da niente
ma ritorna il candore
e la voglia di ridere
e una giovane smania di consacrazioni.

2013

QUANDO AVRÓ TEMPO
dico
e so che non l’avrò:
mai l’afferro o lo fermo
non mi sta in mano il tempo
palpita stride becca vola via.
E io che intanto
ingombro questa casa come un bimbo
che sparge intorno i giochi
e di far ordine non è mai il momento
e nemmeno è capace, se non viene sua madre.

poesie 2010-2012


QUANDO AVRO’ TEMPO
e so che non l’avrò

dicevo, e quanto tempo ho perso
in compagnia
poco o niente importava come fosse
ha il suo bello non essere se stessi
passare ogni momento a un’altra cosa
dire in coro con gli altri non ho tempo.
E’ la salvezza.
E’ ora che mi perdo, che mi danno
su quel che scrivo
e non mi piace mai, ma è con questo che anelo
fra mille altri d’essere vista udita
essere amata
e non andrà così
sono le scritte incise
da un recluso nel muro della cella
e non c’è fine pena.

 

A ME, PERCHE ?
Ho un nome come tanti
ma alla cieca mi mandano da leggere
editi, inediti. Non sanno
che tormento è per me il giudicare
e in umiltà mi chiedono un parere.
In umiltà? Se obbietto gentilmente
questo verso non va, forse sbaglio, non badi
i brontosauri levano la cresta
verde rossa celeste
mormorano un primordiale ” io non vengo capito”.
Ma questi due di oggi fanno pena
sono anziani insegnanti
vive l’uno in Liguria, l’altro nel milanese.
Si fanno avanti
opera prima l’uno, l’altro
è una vita
che scrive e stampa e non gli danno retta.
“Quanto ci ho lavorato
mi legga, dica
non sono meglio io di tanti altri ?
Sono o no un poeta ?
Già da ragazzo ho scritto
e sempre poesie.”


POESIA
Serata di poeti
fuori nel parco è buio, non c’è un’anima
già le dieci passate.
In sala luci rade, poca gente –
e non poter capire
ciò che vogliono dire questi giovani
o solo mezzi giovani nati ormai nei 70.
E’ come in una chiesa sconsacrata
è un rosario
di non credenti, recitano cose proprie e arcane.
Chiedere cos’intendono ?
A occhi bassi ascolti
e ti guardi le mani.




IO CON TUTTI
mi sono confrontata
tutti ho invidiato
ma a quali estremi non sono poi andata
con le raffiche di me stessa
col mio no ?
Che farò quando sulla memoria
mi scenderà la nebbia,
non troverò più i nomi delle cose
non avrò che il desiderio di un abbraccio ?
Mi ridurrà la natura
al più povero degli impulsi ?


STORNI nell’aria
migrano questi figli dell’autunno
una mano gigante li ha lanciati
su in cielo. Sbandano, ritornano
nel loro giubilo d’essere nessuno
i bimbi del creato.
Tutti via, poi il gioco ricomincia
il gioco in alto, al freddo, senza tempo.
Non c’è gioco per noi, noi giù nel tempo
per le vie del quartiere.
Foglie, una cosa sola, solo qualche fruscio
un giacere comune, ultimi battiti
poi una terrea quiete.

quando avrò tempo

 

IO DIMENTICO
È un libro composito e diffratto Io dimentico -  
scrive Paolo Giovannetti nella postfazione al volume .   I racconti che lo compongo parlano, ognuno a suo modo e attraverso diverse voci, di uno spaccato di vita di Anna Maria Carpi .   Dalle vicende familiari narrate in Era nel ’38 e rielaborate in Infanzia di guerra, alla Venezia accademica di Due bianchi come noi, che ci apre una finestra sul mondo universitario cafoscarino degli anni Duemila, Io dimentico ci accompagna in un gioco di specchi e rimandi, di narrazioni in prima e in terza persona, divagazioni, digressioni e onde concentriche, mai casuali  .    Perché, come afferma l’autrice nel breve scritto che dà il titolo al volume,   
 ciò che si ripete c’è speranza che resti meglio impresso a chi legge e vive di oblii, me compresa   .
biblionedizioni.it -2022
 

 

L'ARIA E UNA  -  finalista  prima edizione  Premio internazionale Flaiano di Poesia - 2023
Il libro di Anna Maria Carpi, che raccoglie poesie già pubblicate e inedite, si sviluppa intorno a un io concreto, quasi un autoritratto.       Ma lo stile ha ben poco a che fare con la tradizione lirica:    è narrativo con una spiccata vena teatrale, è ironico-scanzonato costruito su un linguaggio colloquiale, le parti meditative non sono quasi mai in forma assertiva, ma piuttosto interrogativa.   Il cuore del libro è forse nel poemetto La carne è un altro: un uomo è appena morto e, tra la cronaca di quel che succede intorno al suo corpo e impossibili ipotesi di un aldilà, si raggrumano i ricordi intorno a quella vita finita.     In un'altra poesia lunga viene rievocato il momento della morte dei genitori, e poi le sepolture di tutti i gatti avuti nella vita. E altri percorsi cimiteriali costellano la raccolta.     Eppure in queste poesie la tristezza non alberga.    Il piccolo teatro personale e la grande letteratura (dagli scrittori russi a Gottfried Benn, a Celan  ...) spostano sempre il piano della realtà e dell'ineluttabile un po' più in là, in un mondo in cui le rivendicazioni affettive, le contraddizioni esistenziali, le comuni vicende dell'invecchiare (nella sezione «Non c'è più tempo») sono trasformate in qualcos'altro,     in una storia fantastica,  forse in un sogno,  sicuramente nel rifiuto di ogni maturità che non sia stilistica .
unilibro.it -  einaudi - 2022
La comunità che stiamo creando non è appunto una comunità reale e forse virtualmente sta perdendo alcune iniziali caratteristiche per consegnarcene una versione di accorpamento di interessi, utilitaristica, viva fin quando l’opportunità la rende necessaria.
matteo fantuzzi  -   strisciarossa.it/laria-e-una-societa-senza-collettivita - 2023
Affonda la poesia di Anna Maria Carpi una sorta di lieve disperazione, malinconica come può esserlo un tramonto nel pensiero della notte, eppure in quest’autrice esiste la netta convinzione di un possibile nuovo giorno, solo senza un conto preciso di ore .    Poesia di attesa quindi, di consapevolezza e anche di un utilizzo della lingua che nella costruzione rigorosa non si fa mancare passaggi più colloquiali, dove l’ironia non viene meno anche nei confronti di chi così distante per età le si avvicina.     Ma è innegabile che nel silenzio queste figure hanno affascinato come quella maschera che dietro l’apparente semplicità concede al contrario una franca, totale verità che, rimanendo appunto nei limiti della superficie, difficilmente o quasi mai si riesce a cogliere  .

www.laboratoripoesia.it/laria-e-una-anna-maria-carpi
  - matteo fantuzzi - 2023
Trema la bocca a tutti a dire  
' è morto '

dicono   ' non ce l'ha fatta '
cosí è come fosse ancora qui

dalla parte dei vivi -
è dei vivi il non farcela
...
Una madre io l’ho avuta
viva ardente
sempre via con la mente
inetta a vivere .
Sarà stata poi lei  ?
Mai le ho dormito in grembo .

Era un uccello
che migrava
con le ali tarpate .
Cosí io non ho misericordia di me stessa

e non ho niente che mi abbracci dentro  .

 

E NON SI SA A CHI CHIEDERE
E non si sa a chi chiedere è un titolo ironico che vorrebbe tirare le somme più che sui dolori sulle ' incertezze” 'di cui consiste il nostro male di vivere .    Ma chiamo in causa la nostra mai spenta gioia di guardare il mondo insieme con gli altri, i ' cari altri ', e di cercare di capirlo, anche se nulla è come credevamo. Ne viene una sorta di diario postmoderno. Perché in versi ?     Forse perché il verso risponde alla nostra residua sete di trascendenza .
I poeti italiani che amo: Saba e Penna, Caproni e Giudici, fra loro così diversi ” .

marcosymarcos.com - unilibro - daniele piccini_ la lettura - 2020

UNO PERCHÈ HA STUDIATO I RUSSI
UNO PERCHE LE DONNE LO ABBANDONANO
POI LA MAMMA DI UN FIGLIO SCOMBINATO
POI UNA DONNA CHE HA PAURA DI TUTTO
POI VENGO IO.
PR COSI DIRE : CERCATORI DI DIO .
E MAI CHE SE NE PARLI ! . NON OSIAMO .

.

 

PRIMAVERA

NON SAI chi l’ha chiamata
sulla via fuori
dell’ufficio postale. Tra i semafori
esplodono i ciliegi giapponesi
come sessi di bimbe, rosa vivo.
Dai rari lembi d’erba cittadina
guardano in su delle faccine intente
di margherite e bocche di leone
e spilli azzurri – nontiscordardime
e sulla piazza Sud
davanti alla stazione
è il trionfo dei grappoli maturi
erti potenti degli ippocastani
una festa regale, pochi i rossi
i bianchi abbondano, è il bianco delle nozze
vergini restano solamente i glicini
all’imbocco del parco, nella via parallela
e tre strade più in là :
esita il lilla pallido, ha paura
di affacciarsi
nell’assoluto di quel verde verde .
Non ti fermi a guardare ?
Sì ma per qualche istante
è così bello
che diventa un tormento .
La natura !
Lo so che io non c’entro .
Io non sono natura .

.

 

Finestre illuminate
nelle case d’intorno -
fra i nostri alberi. Aceri ippocastani.
Com’è bella la sera. È una famiglia.
Molti venuti in decenni diversi
in queste case primo Novecento
c’incontriamo per strada e non sappiamo
i nostri nomi, noti soltanto i volti
noti e fraterni, come nati tutti
in queste vie.Ci lasceranno insieme
col nostro sole -
quello che sorge sulla ferrovia
e cala in fondo a piazza Giovine Italia ?
A sera andiamo tutti a far la spesa
in via Monti prima di rincasare
coda alle casse, fra noi cenni e sorrisi
in un tramonto d’oro.
.

 

 

 

 

UNICO

ma è la cosa più astratta che ci sia
l’ultima in cui io posso credere .
Qualche volta ho amato un altro corpo
un’estasi, l’ho avuto ed era mio
due che si fanno uno
ma nulla è più irreale della carne .
Non è la mente, sono i corpi a dire
come si è soli .

.

 

 

Né io né tu né voi
I testi contenuti in questa plaquette sono ripresi con varie modifiche dalle mie raccolte precedenti: vi si parla di un Dio in cui, per i più di noi, è diventato assurdo credere, ma per alcuni, come me, terribile non sperare.

 

È PERCHÉ IO NON ESISTE
Senza di tu
di lui
di noi
di voi
di loro

' Coraggio, baby, ci vediamo presto '
' O prima o poi '  ridacchia il vento
su per la cappa, ' tu hai fatto tardi ... '
Parole – avanzi
lo sporco del camino dopo il fuoco – e nulla
nulla mi rassicura
e mi divora
non sapere chi sono

' SE TU QUESTO NON HAI
questo muori e diventa
sei un ospite oscuro
su questa terra oscura ' .

Così Goethe. Due secoli.
E se ne andò fra i lampi

nei freddi siderali .
Noi quaggiù nella notte
coperti, occhi serrati
a resistere fino a quando e poi perché ?
E fosse gioia: no – è solo paura .
Questo mediocre morire ad ogni istante
è la sorda tortura
di ciò che avremmo
dovuto essere per non dover morire

«Nelle chiome dell’albero vedo le radici.» È il verso iniziale della poesia d’esordio, Lo psicoanalista. In essa si espongono il significato del titolo del libro e la natura dei suoi contenuti. Possiamo considerarla il manifesto di questa raccolta di versi, che trovano però nella successiva Ballata del pre-testo la loro consacrazione artistica. A mio giudizio essa rappresenta la lirica più bella contenuta nel volume e una delle più belle scritte da Malizia. Non solo per la sua compiutezza estetica ma per la struttura formale del suo sviluppo. [...]. L’ho letta e riletta più volte, scoprendo sempre arcane rinascenze del dolore ontologico che segna la vita di ogni uomo. Mi ha fatto piacere che sia dedicata al Maestro della psichiatria italiana, Carlo Lorenzo Cazzullo.
Di lì è tutto un dipanarsi di perle preziose, di versi di straordinaria musicalità, di profonda ispirazione concettuale ma anche di scintillante leggerezza ironica. Un caleidoscopio di temi, immagini, fantasie, nel cui crogiuolo l’essere psichiatra e psicoanalista di Salvatore Malizia si fonde con la creazione poetica per trasfigurarla in un grande affresco di sentimenti, di allegorie, di richiami ancestrali, di sfavillanti illuminazioni, cristallizzate per magia in una parola.
prefazione
lavitafelice.it - 2018

 

 

 

E IO CHE INTANTO PARLO - raccolta poesie 1990-2015
Il desiderio, e non la disperazione, sembra essere il motore della parola poetica. E il desiderio si configura prima di tutto in una sorta di nomadismo continuo, quasi picaresco: nomadismo spaziale e geografico, perché questa è anche una poesia in movimento, percorre l’Europa da Londra alle ‘Fiandre fatali’ a Mosca, oltrepassa gli Urali, si addentra nella Russia asiatica, giunge alla Siberia, nomadismo mai pago di nessuna meta e tutto teso al suo nervoso movimento di scoperte e ripartenze, delusioni e nuovi slanci; ma anche nomadismo temporale e culturale, che consente all’autrice di spostarsi velocemente dall’oggi al passato più o meno distante (dalla Guerra dei Trent’anni, poniamo, a Stalingrado), dialogando con personaggi scomparsi e con maestri defunti, e di chiamare a sé, come compagni di strada, i nomi più cari e più distanti. Però il nomadismo investe più sotterraneamente la stessa parola, il suo costante essere in movimento attraverso il ritmo e la sintassi: ritmo e sintassi piani, comprensibili, persino tradizionali (come il ricorso alle misure canoniche, alle rime), argini necessari e voluti per indirizzare il flusso del desiderio che percorre le sillabe, trasformando ogni singola parola in accampamento provvisorio, in ‘parola-tenda’, il ‘Zelt-wort’ di Paul Celan esplicitamente ricordato in Compagni corpi.
da introduzione di fabio pusterla - marcosymarcos.com -  fb/amc - 2016  -  cittadelmonte.it/anna-maria-carpi-la-parola-e-laltro
presente a pordenonelegge 2016


C’È UN QUARTIERE DI CASE

fine secolo
c’è una piazza aperta a sud e a est
con la stazione, gli autobus, la gente
è come il porto dove si ha la barca.
C’è una via di negozi
se ci sarà dopo di me io voglio
restarvi come un passero la sera
quando i vivi vanno a far la spesa
il vorace vola anche lui dentro
nel bianco algido del supermercato
campa di briciole, ma non è di cibo
che lui è in cerca. Loro non lo sanno
quale gioia è vederli, stare in mezzo
alla cara brigata di migranti
coi loro acquisti, in fila verso il nulla –
una casa, una sera, un dopocena.
Perché andate? Vi prego, non andate !
Restiamo assieme – dov’è chi potrebbe
uno per uno mai consolarci ?

poetarumsilva.com

io non volevo amare
diventare
una piccola istanza ebbra, tenera stoffa
che un uomo tiene in una sola mano
e al primo abbraccio le sgualcisce il cuore.
no, non abbracci
mi figuravo.
siediti sull'orlo del mio letto
affetto venuto da lontano
guardami senza mai stancarti
come se fuori non fosse
più che neve neve e silenzio
e non si potesse più uscire.

pag 182 - e io che intanto parlo
tratta da quando avrò tempo

 

 

 

Cuore dell’altro
forse senti qualcosa, forse
hai memoria, a volte sembra
che qualcosa vorresti
ma non dai a vederlo
ah, non c’è tempo
sei già passato ad altro
e perché non lo sai
poesia n.348

 

 

ora fa buio
e sarà buio un pezzo e lungo il viaggio.
il tempo per contemplare gli altri
che non sanno di me nè io di loro
e non abbiamo niente da temere:
la gente è buona
fuori dal suo ambiente.


FUORI DEL MONDO infine
Ah, quanto mento.
A me soltanto il mondo mi consola.
Ridono: il mondo? Cosa diavolo intendi ?
È una sera a teatro, è una platea
fra tante luci e io che vado in scena
come comparsa o autore del copione
ma essere in gioco, in mezzo
in mezzo agli altri, in mezzo senza fine.
Questa è la mia ossessione.

RAINOTTE. Nulla può più accadere.
Per oggi è tutto
vi ringraziamo per averci seguiti.
Un lampo: ho spento, e non devo più nulla.
Sotto le coltri
con l’amante sonno
coi piedi tocco la felicità
tutto il corpo è speranza.
Alle tre ancora nulla, non un suono
non c’è più il mondo,
il leviatano dorme.

Notte innocente che non sa di ore
né del primo biancore
là verso i monti sopra la ferrovia
lo stupro della luce che ritorna.

 

 

 

 

Uomini ultimo atto

un mio nuovo libro appena uscito ...  sono tre racconti, tre storie quasi vere di uomini in crisi.

fb/amc - dic 2015

I FEMMINICIDI IN AUMENTO ?  

PER FORTUNA I VIOLENTI RESTANO UNA MINIMA MINORANZA, MA TANTI GLI UOMINI IN CRISI. VEDI I MIEI 3 RACCONTI
fb/amc - 17.1.2017

 

 

 

 


Tre storie quasi interamente vere e legate dal filo di una stessa interlocutrice. Un giovane del Norditalia incarcerato per rapina che si esalta nella lettura di Nietzsche, un pittore di origine pugliese smarrito nei commerci dell’arte, un ragazzo inglese senza lavoro, nostalgico del grande passato della sua patria.
Uomini di diversa estrazione sociale e di tre diverse generazioni che soffrono della crisi maschile del ruolo e al proprio sé trovano ricovero o rovina fra sete d’assoluto, fantasie di guerra e pulsione di morte. Un nesso con quei giovani europei che oggi guardano al Califfato?

morettievitali.it - 2015

 

 

 

Tre personaggi assai differenti, dicevamo, ma accomunati da una serie di aspetti. Innanzi tutto una sensibilità culturale autentica quanto controversa. Un giovane dall’ingegno vivace, ancorché privo di istruzione, che si accende alla lettura di Ecce Homo di Nietzsche; un uomo di origini umili abitato da un talento artistico vigoroso e oscuro, del quale sembra sfuggirgli il senso profondo; un intellettuale più insoddisfatto che frustrato, che coltiva il mito eroico della battaglia d’Inghilterra (la grande offensiva della Luftwaffe respinta dalla RAF nell’autunno del 1940).

In secondo luogo, una forte polarità tra introversione e estroversione: un’espansività disinvolta che cela recessi segreti, una disponibilità a comunicare che non scalfisce un’intima rocciosa riservatezza, una scontrosità quasi esibita, che si direbbe sempre sul punto di sciogliersi in una confidenza impossibile. E ancora: una tensione fra il desiderio e la paura di essere liberi, che fomenta la tentazione di costruirsi prigioni virtuali; un’inconfessata voglia di sottomissione, che ribalta l’aggressività inespressa in impulso autodistruttivo; una solitudine che si direbbe fatale, ineluttabile, quasi una predestinazione.
mario barenghi - doppiozero.com - 2016





ma ora è come se ci fosse lì qualcuno a dettare, come non fosse roba sua.    sono tutte frasi corte, con tutti daccapo. se fossi un uomo, scrive - e poi tutto d'un fiato:

se fossi un uomo certo potrei
anche ascoltare gli altri
e trovare un costante
piacere nel tessere argomenti
per far quadrare il tutto.
se fossi un uomo non starei di certo
tutto il giorno a dormire svegliandomi
soltanto per sbrigliare
il mio destriero bello e superbo e possente
che non sa dove andare.
se fossi un uomo saprei sicuramente scindere
l'amore dalla f...
e danzare in mezzo a loro.
al capitano achab sulla fronte
un dio malvagio ha impresso
come suo vanto e gloria un marchio di dolore,
ma a me solo un capriccio.

e qui si ferma attonito. bidi, questa è ... è una poesia.
... pagine 22 e 23


con molta ironia e leggerezza nel suo libro vengono smontati molti miti, compresa la psicanalisi.
sono stata in analisi anni fa, ero depressa. per circa sei mesi sono andata da un freudiano; era anche molto simpatico e bravo ma di certo non ho avuto nessun risultato.
cosa l'ha aiutata invece ? la poesia ?
la poesia aiuta a tenere aperto l'orizzonte.    così fa l'arte e anche la religione.   al dilà dei miti dell'arte, del mito dell'ispirazione, in cui non credo affatto.   credo però nel dialogo.
maria tosca finazzi - eco di bergamo - 2016

 

 

 

L'ANIMATO PORTO

un racconto un poema che sarà ?
verrà una nave e noi
tutti all'imbarco
per L'ISOLA australe della gioia.

 

 

PALL MALL, oh non è vuoto
una è rimasta
pura, silente
non pesa niente
è bianco e oro, i colori del sacro.
Sul pacchetto c’è scritto il fumo uccide.
Intanto però placa
la sete di un altrove.
Scatta, guizza la fiamma, la regina del buio:
la bianca fra le dita
è ancora intatta
poi viene a me, alle labbra, come un’ostia
assurda fiala di felicità.

 

 

 

caro buffo di vento della sera.
l'altra sponda lontana se l'è presa
il sole immenso del tramonto
e la luna è smarrita ancora a oriente
bianca incerta di sè.
gente che va e viene
sembra festa
e a me a quest'ora
torna la speranza.
mi riaffluisce il sangue.
un racconto un poema che sara?
verra una nave e noi
tutti all'imbarco
per l'isola australe della gioia.

copertina I

 

In una nevicata dell’infanzia
quando non so, ma so che c’è la guerra
siamo in campagna, prato sottocasa
c’è mia madre che grida
dammi la mano non andare via
e al bastardino torna qui malvagio
e lui che abbaia
pazzo
beato
come siamo noi
perché non c’è mio padre.
Noi figli incustoditi e sconfinati.




il mio grigio non sa più dove siamo.
all'ultimo con gli occhi
ha visto il nulla e subito ci è andato.
deltacortène. Dobeìn e crèon
rimedi umani che non sono serviti.
la piccola scintilla
che veniva da me a mangiar qualcosa
fare le fusa
e cor8icarsi accanto:
in lui senza parola c'è il senso del mondo.
Dio se ci sei. di me non ti curare
prendilo lui
verrà da te a mangiare .
31.7.2014 - pag 37




Non lo senti anche tu che non c’è più?
Il tempo non c’è più.
Tu sorridi: in che senso?
non stiamo forse andando…?
Sì, uno a uno
ma finora il tempo era anche altro
era anche un padre.
L’avevamo in comune.
Viaggiavamo attraverso i continenti
nel suo carico immane giorno e notte
e il generoso non perdeva nulla
teneva strette a sé
le feste le sciagure il come fu e il sarà.
E’ stato cancellato.
Now life is now. Tu noi
gli altri altri
figli del nulla
e folli come pesci nelle reti
e in ogni sguardo in fuga
un 'non ho tempo'.


Una coppia al bar della stazione
dentro è un andirivieni
fuori all’aperto c’è la primavera.
Da quanto insieme? Certo da non molto.
Era amore? Lo sanno? Non si guardano
guardano avanti a sé.
Anni? Sui venticinque e non distingui
chi è lei chi è lui: uguali nel vestire
pochi soldi un lavoro
forse precario o solo una promessa.
E già due ne hanno fatti:
per non saper che fare ?
Il fagotto che dorme in braccio a lei
l’altro per terra, trotta intorno al tavolo
poi cade, urla, e per tirarlo in piedi
ci vuole il padre – padre si dice ancora ?
Posa la birra e accorre.
E lei che beve? Niente.
Torniamo a casa, Gino ?



Ik gihorta dhat seggen

'io l’ho sentito dire'
Così intonava, è notte, è Medioevo
il longobardo il Canto d’Ildebrando
la cetra in grembo.
Notte, bufera, tutti intorno al fuoco
fuori è l’urlo terribile della 'caccia selvaggia'
così si chiama
è il dio degli avi che conduce i morti
i caduti in battaglia non i vili
il dio con l’occhio solo, manto e cappello azzurro
Odino, lo sciamano.
Non ci credono più però non sanno
se il nuovo, il cosiddetto Cristo bianco
sia una promessa.
Parla di ultimi che saranno i primi
di beati pacifici che non muovono un dito.
E dove va il sapore della vita ?
Questo è il punto, signori
e no ai tutti uguali
che il tuo sé si distingua.
Così bevono e pensano i guerrieri
e fluisce il racconto
quel sentito dire
la meraviglia, la bevanda madre
delle proprie radici.


 

 

'La mia massima colpa è la speranza'
dice il poeta Giovanni Giudici.
Lui, dice un saggio
lui e Zanzotto, io altri non ne vedo
che siano i nostri ultimi poeti?
E noi e noi? Malati?
La febbre non ci lascia
scotta la guancia
sul cuscino fresco della speranza.

 

 


Accanto a me nel letto
un fruscio una spalla. Tre di notte.
Dormi non dormi  ?
Non glielo chiedo. Forse torna il sonno.
Se non fosse
quest’ansia senza meta
l’inferno delle cose
diverso il suo dal mio
così di poco, che non vale la pena
di parlarne.
Tutto sappiamo tranne cosa fare.

 

 

 
nota dell’autrice
«Siamo ognuno uno scoglio, un incidente/ fra gli altri fra le cose/ fra astinenza e overdose/ e un solo grido “e io?”». Così dicevo in E tu fra i due chi sei, e che da questo trovarci diversi dagli altri abbiamo perversamente una gran gioia. È vero e non è vero.

Dall’adolescenza fino all’altrieri ho tenuto un diario. Scenari dell’io in libertà, sfoghi, riflessioni, stati d’animo contraddittori – ma nel mio diario salta all’occhio il ricorrere dei dialoghi: amati, amici, conoscenti, incontri casuali, e tutti riferiti alla lettera, parola per parola, a memoria. La prima istanza di quel mio commento al quotidiano era colloquiale. E tale è nella mia poesia: è un percorso parallelo al diario, come già diceva il titolo Compagni corpi.

L’io c’è, s’intende: fra gente e paesaggi svariati è come quella carta da gioco fatta a pezzi in L’asso nella neve e torna, in fase più malinconica, in Quando avrò tempo, ma, più lieto e più che mai solidale coi compagni, in quest’ultima visione di un animato porto.  - A.M.C.
poetarumsilva.com - fb/amc - 2015


pagina 12

In soli undici versi troviamo tutti i temi di Anna Maria Carpi: la solitudine, la nostalgia, la ricerca di compagnia, l’ironia, le continue domande.
La Carpi dice tutto e scrive che “il dire…o è già detto o indicibile”, si fa lei stessa ossimoro. Non serve a niente essere, e lei è più che mai, e noi con lei. Esiste e manifesta, nei versi, tutta la sua smania di vivere e l’ansia di comunicare.
Noi queste poesie le capiamo ma le sentiamo col nostro io, con la nostra storia. L’etica della comprensibilità, per Carpi, non vuol dire solo farsi capire ma includere, contenere. La storia di chi legge, seppur diversa, non può che essere (non solo empaticamente) quella di chi scrive, perché la tragedia/commedia del vivere è una sola, la stessa per tutti.
gianni montieri - poetarumsilva.com - fb/amc - 2015

Avessi avuto fratelli scatenati
a giocare con me finché vien buio
una madre che mi stringe al petto
avi e padri in battaglia
e camini accesi in ogni stanza
e sui camini stemmi di una stirpe
che non ha fine.
Avere avere.  A che serve l’essere ?
Non lo vedi ?  È perduto.
E il dire ?  O è già detto o indicibile
ed è ben poco contro la paura.
pag 12


primo gennaio, è già mezzogiorno
è un'ora fa che si è levato il vento
è già un vento di marzo
cigolano le finestre
e sul balcone crepita il bambù.
le finestre non tengono
il deserto del vento va di stanza in stanza
la casa è andata all'asta.
qui ho abitato
un avvenire che non è venuto
come in un incipit
poi non c'è il romanzo.
pag 64

 

 

 

 

 

 

 

QUANDO AVRO TEMPO
I due estremi verso cui la poesia è attratta sono l'inno e l'elegia, l'estasi e il lamento, e la poesia, anche quella italiana, nel tragico '900 e nell'ancor più tragico decennio del nuovo secolo, tende fortemente al lamento.
Ma questo libro, che deve molto alla lirica d'oltralpe, tenta di salvare un lembo del «fresco guanciale» della fiaba dell'io, e dallo scenario della nostra casa della vita manda note di desolazione, ma anche limpidi squarci di gioia, segnali del nostro onnipresente nichilismo e vivi segnali di speranza nel trascendente. Lingua inconsueta «Tu taci, taci, se ti lasci andare/ lo sai, parli una lingua insopportabile», ma colloquiale e mai oscura.
Si tiene, quasi come a un ritorno del rimosso, a ritmi a noi familiari, endecasillabo, settenario e verso libero, e sta dalla parte di quei lettori che, come auspicava per sé T.S.Eliot, di fronte a una poesia vorrebbero esclamare «così io parlerei se potessi fare il poeta».

transeuropaedizioni.it  -  poetarumsilva.wordpress.com   -  facebook.com/matteobianchi.estense -   anche e_book  -  2013

LA POESIA INSOPPORTABILMENTE BELLA
Oggi di grande non c’è che l’oblio
- endecasillabo emblematico del pessimismo radicale che anima Quando avrò tempo ... di fronte all’orrore per la vecchiaia e la malattia, alla insensata quotidianità ... la Carpi sembra rassegnare le armi, quelle esistenziali almeno. La vita non è mai qui, ci dice in ogni verso, e il tempo si dissipa, ' palpita, stride becca vola via ' consegnandoci alla morte. Unico rifugio la scrittura ...
La poesia è innocenza e potrebbe perciò salvare gli esseri che la praticano con umiltà  - ribadisce  -  ...   un’innocenza destabilizzante nella misura in cui parla  ' una lingua insopportabile '.   Insopportabilmente bella.

stefano guglielmin - golfedombre.blogspot.it - 2014

 


Bianco si dice ban
in gaelico, la lingua dei miei avi
gli irlandesi
quieti e fedeli a Cristo sullo Shannon.
Si tramanda di uno, nono secolo -
un vecchio, un monaco:
è comoda la cella e i manoscritti abbondano
e per compagno ha un gatto, il bianco Pangur
che sta seduto a una certa distanza,
lo sguardo fisso a un punto
'Ban, cosa vedi? perchè fai le fusa ?
Tu vedi Dio, è vero ?
Io dovrò aspettare
per fortuna ho da leggere'.
Solo di tanto in tanto alza la testa
sovrappensiero il vecchio
e si guarda le mani
poi intinge la penna e va sul margine
del sacro testo:
ha trovato da aggiungervi qualcosa.
Se gli cade una macchia
frega col dito per mandarla via
ma poi alza le spalle:
'Diglielo, Ban
anche la macchia viene da lui'.

 

 

 

SCROSCIA L’ACQUA sincera
fredda calda obbediente
e schizza per il bagno fino agli allegri led.
Care mensole colme di sciocchezze
asciugamani bianchi
dove mi nascondo
a occhi chiusi
e non vedo più niente.
Sono io quel volto nello specchio ?
Un sembiante il caso lo dà a ognuno
ma se lo fissi e pensi 'sono io'
ti fa impazzire .

 

 



UN MADIDO ABISSO

ci ha tra le mani
che venga notte che venga giorno
tundra o tajgà
nei vetri bianchi di ghiaccio
nei vetri imperlati di pioggia
il treno è in fuga.
Si gioca a carte
fissi volti rosee mani
fisse nel gesto, come frutti sepolti.
L’artico nulla, un brusio senza sonno
il tutto umano
Oh !   lasciali tutti parlare
sono bolle che scoppiano
in superficie, gorgogliano
tu taci,  taci,  se ti lasci andare
lo sai, parli una lingua insopportabile

 
LIBRI, LIBRI, ogni casa ne trabocca
libri dei tempi del grande scrivere
dalla convinzione
che abbia un senso il cuore
e i personaggi un destino
che arriva agli altri,
a una santa comunione del sentire
e così forse era.
Libri di questi giorni: una valanga
di convinti di niente
com’erano venuti se ne vanno.
Oggi di grande non c’è che l’oblio
questa coperta misericordiosa
ultimo segno di un divino in terra.
Al caldo al buio nella cecità
solo qui sei con gli altri.
finalista baghetta 2013



QUANDO AVRO TEMPO   .PDF

 

 

.

 

 

COS'È LA TERRA ?
Erba
aria
folate
erba
fruscio
contesa
fra radicati
e sradicati.
E tu fra i due chi sei ?

.

 

 

 

 

.

 

Se tu mi amassi come io amo loro
i piccoli di casa che non sanno
se mi chiamassi come io li chiamo
coi più teneri nomi ed insensati
dal nonsenso del cuore
e come io faccio con loro
mi raccogliessi tutta fra le braccia –
perché tutto verrà, niente è perduto .
Tu invece quando mi parli m’inviti alla ragione
e se dico futuro mi sconsigli
di sperare in qualcosa .
Tu non capisci :
non mi devi parlare come a un comune umano
amore è dire all’altro non hai fine .
O io sono immortale oppure niente .

l'asso nella neve

.

 


Gli animali
ANNI CON NOI e noi li abbiamo amati  -
non dirlo forte  - più che congiunti e amici.
Tutto comincia con un libertino
un cane, era
Cirino
c’era la guerra, noi stavamo in campagna
lui la sera scappava e ritornava all’alba
infangato ferito a coda bassa :
un tempo eroico e non solo per lui.
Poi eravamo
nella casa di sempre.
Le date vanno insieme.
Allora c’era
Muli
un maschio bianco e grigio
la sua impresa: sulla scrivania
pisciare sulle carte di mio padre.
Aveva un avversario giù in cortile
tale Miro, un malvagio:
ne fu sconfitto e non tornò mai più.
Dopo di lui la panterina nera
la mite
Dede piena di mali
e l’ora di dolore senza eguali
di quando la si dovette far morire.
Lacrimando
io me la tenni in grembo fino all’ultimo.
Era freddo e stavano chiudendo
e di aver lasciato
quella piccola salma là nel buio
non posso perdonarmi finché vivo.
Poi arrivò
Luigi
era nell’81, ce lo passò un’amica.
Al possente soriano
facemmo far dei figli.
Ben tre maschi tigrati
e una tutta grigia e una biondina.
Da sopra il cesto il padre che li guarda
in gran stupore: e chi sono questi ?
Fjodor, Strill, Piombino, Felicino
e la Baffina.

A me restò Baffina.
Ora ho imparato a seppellire i morti:
sul prato, sotto l’albero di Giuda
dai fiori rossi, curvo sulla terra.
Là sotto lei riposa.
Un’altra amica ci passò poi
Cino
il pacifico il dolce il senza pari:
da quattro anni dorme accanto a lei.
Ma gli avevamo preso una compagna
l’avevo raccolta io in un giardino :
aspettando il suo cibo la piccina
sulla soglia, in cucina, faceva un buffo mucchio
di bianco nero e ocra -
solo le femmine sono tricolori -
e la chiamammo Mucchi
e lei c’è ancora e ci sarà per sempre.

.

https://annamariacarpi.wordpress.com/2019/02/04/gli-animali-inedito

 

 

 

 

22 MARZO ... AUGURI !       

pagina 1  -  2

 

 


 

altri autori           home

PRIVACY