gli animali di eugenio montale

 

 

 

accanto ai muri

resiste il brivido vivo del gatto bianco

che s'indugia all'aperto tra l'arduo fogliame

che sfiora la duna e alle tenebre s'impiglia


 

di un gatto sperduto

il povero orfanello

non s'era ancora inselvatichito

se fu scacciato dal condominio

perchè non lacerasse les moquettes con gli unghielli

me ne ricordo ancora passando per quella via

dove accaddero fatti degni di storia

ma indegni di memoria.

fors'è che qualche briciola voli per conto suo

quaderno di quattro anni

 

 

 

il gallo cedrone

 

dove t'abbatti dopo il breve sparo

(la tua voce ribolle   rossonero

salmì di cielo e terra a lento fuoco)

anch'io riparo  brucio anch'io nel fosso.

chiede aiuto il singulto. era più dolce

vivere che affondare in questo magma

più facile disfarsi al vento che

qui nel limo  incrostati sulla fiamma. 

sento nel petto la tua piaga  sotto

un grumo d'ala   il mio pesante volo

tenta un muro e di noi solo rimane

qualche piuma sull'ilice brinata.

zuffe di nidi, amori, nidi d'uova

marmorate  divine! ora la gemma

delle piante perenni  come il bruco

luccica al buio, giove è sotterrato. 

bufera e altro  1940 - 1954

 

upupa

 ilare uccello calunniato

dai poeti, che roti la tua cresta

sopra l'aereo stollo del pollaio

e come un finto gallo giri al vento

nunzio primaverile  upupa  come

per te il tempo s'arresta

non muore più il febbraio

come tutto di fuori si protende

al muover del tuo capo,

   aligero folletto  e tu lo ignori.

ossi di seppia  1920 - 1927  

 

 

 

il rondone

 audio lettura EM   

 

raccolto sul marciapiede
aveva le ali ingrommate di catrame
non poteva volare.
gina che lo raccolse   sciolse quei grumi
con batuffoli d'olio e di profumi,
gli pettinò le penne lo nascose
in un cestino appena sufficiente
a farlo respirare.
lui la guardava quasi riconoscente
da un occhio solo. l'altro non si apriva.
poi gradì mezza foglia di lattuga
e due chicchi di riso. dormì a lungo.
il giorno dopo all'alba riprese il volo
senza salutare.
lo vide la cameriera del piano di sopra.
che fretta aveva fu il commento. e dire
che l'abbiamo salvato dai gatti.
ma ora forse
potrà cavarsela.

diario 71 e 72

 

il cavallo

 

io non sono il cavallo

di caracalla come benvolio crede

non corro il derby  non mi cibo di erbe

non fui uomo di corsa ma neppure di trotto.

tentai di essere

un uomo e già era troppo

per me (e per lui). 

diario 71 e 72

 

 

 

il paguro

 

IL PAGURO NON GUARDA PER IL SOTTILE

SE S'INFILA IN UN GUSCIO CHE NON E' IL SUO.

MA RESTA UN EREMITA. IL MIO MALE E'

CHE SE MI SFILO DAL MIO NON POSSO ENTRARE NEL TUO.

diario 71-72

 

 

gufo

 

arremba su la strinata proda
le navi di cartone, e dormi,
fanciulletto padrone: che non oda
tu i malevoli spiriti che veleggiano a stormi.
nel chiuso dell'ortino svolacchia il gufo
e i fumacchi dei tetti sono pesi.
l'attimo che rovina l'opera lenta di
mesi giunge: ora incrina segreto,

ora divelge in un buffo.
viene lo spacco; forse senza strepito.
chi ha edificato sente la sua condanna.
è l'ora che si salva solo la barca in panna.
amarra la tua flotta tra le siepi.

ossi di seppia

porcospino a pianterreno

 

scoprimmo che al porcospino

piaceva la pasta al ragù.

veniva a notte alta, lasciavamo

il piatto a terra in cucina.

teneva i figli infruscati

vicino al muro del garage.

erano molto piccoli, gomitoli.

che fossero poi tanti

il guardia sempre alticcio non n’era sicuro.

più tardi il riccio fu visto

nell’orto dei carabinieri.

non c’eravamo accorti

di un buco tra i rampicanti.

l'opera in versi

 

piccione

di un natale metropolitano

 

un vischio fin dall'infanzia sospeso grappolo

di fede e di pruina sul tuo lavandino

e sullo specchio ovale ch'ora adombrano

i tuoi ricci bergére fra santini e ritratti

di ragazzi infilati un po’ alla svelta

nella cornice, una caraffa vuota

bicchierini di cenere e di bucce

le luci di mayfair poi a un crocicchio

le anime, le bottiglie che non seppero aprirsi

non più guerra né pace il tardo frullo

di un piccione incapace di seguirti

sui gradini automatici che ti slittano in giù...

merli serpi

formiche cicale picchi

 

meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
e andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'é tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

ossi di seppia

 

i falchi

 

sempre troppo lontani dal tuo sguardo

raramente li hai visti davvicino.

uno a étretat che sorvegliava i goffi

voli dei suoi bambini.

due altri in grecia sulla via di delfi.

una zuffa di piume soffici due becchi giovani

arditi e inoffensivi

ti piaceva la vita fatta a pezzi

quella che rompe dal suo insopportabile

ordito

satura 1962 - 1970

 

 

gabbiani


ali contr'ali ondanti bianco grigie
frullanti spole nel giro degli occhi
croci rotanti all'aria che le porta.
è deserta la foce affondato
Il sole ogni voce s'ammorta.
meno pesanti giungono i rintocchi.
li tiene uno sbattio di sbarrate ali.
ali ed ali contro al nascimento
dei lumi nell'ora chiara ancora
sciamar d'esseri volti all'avvento
d'un'astrale scintillante flora.
ali ali ali morbida tomba
al tuo finire fratello
oh ti cullino come il mare un burchiello!
l'onda più sulla spiaggia non rimbomba.

tutte le poesie 

 

 

uccello di mare

 

sotto l'azzurro fitto del cielo

qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai

perché tutte le immagini portano scritto

più in là !
ossi di seppia

 

martin pescatore

gloria del disteso mezzogiorno
quand’ombra non rendono gli alberi,
e più e più si mostrano d’attorno
per troppa luce, le parvenenze, falbe.
il sole, in alto, – è un secco greto.
il mio giorno non è dunque passato:
l’ora più bella è di là dal muretto
che rinchiude in un occaso scialbato.
l’arsura, in giro; un martin pescatore
volteggia s’una reliquia di vita.
la buona pioggia è di là dallo squallore,
ma in attendere è gioia più compita.

ossi di seppia

 

upupa e martin pescatore impagliati

sono stati regalati a EM da Goffredo parise

l'anguilla

 

 la sirena

dei mari freddi che lascia il baltico

per giungere ai nostri mari

ai nostri estuari, ai fiumi

che risale in profondo

sotto la piena avversa

di ramo in ramo e poi

di capello in capello, assottigliati

sempre più addentro  sempre più nel cuore

del macigno  filtrando

tra gorielli di melma finché un giorno

una luce scoccata dai castagni

ne accende il guizzo in pozze d'acquamorta,

nei fossi che declinano

dai balzi d'appennino alla romagna

l'anguilla   torcia   frusta

freccia d'amore in terra

che solo i nostri botri o i disseccati

ruscelli pirenaici riconducono

a paradisi di fecondazione;

l'anima verde che cerca

vita là dove solo

morde l'arsura e la desolazione

la scintilla che dice

tutto comincia quando tutto pare

incarbonirsi  bronco seppellito

l'iride breve, gemella

di quella che incastonano i tuoi cigli

e fai brillare intatta in mezzo ai figli

dell'uomo  immersi nel tuo fango  puoi tu

non crederla sorella?

bufera e altro  1950 - 1954

https://youtu.be/gj6aHnmDIK4 - legge em

 

 

 

 

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